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Migranti: preghiera S.Egidio, si torni a soccorrere e salvare

 

“Siamo nuovamente raccolti innanzi alla croce di Lampedusa, le cui braccia sono composte da ciò che rimane delle imbarcazioni affondate nel Mediterraneo. Questa croce raccoglie oggi il grido disperato e l’angoscia dei 130 profughi annegati nella notte fra giovedì e venerdì scorso, davanti alle coste libiche”.

Lo ha detto questa sera mons. Marco Gnavi, parroco della basilica romana di Santa Maria in Trastevere, durante la preghiera promossa dalla Comunità di Sant’Egidio per le vittime dell’ennesima strage di migranti consumatasi nel Mediterraneo.

“Donne e uomini, bambini, inghiottiti dal mare, dopo aver atteso invano i soccorsi per ventisette ore, dal momento in cui hanno lanciato la richiesta di soccorso – ha sottolineato Gnavi nell’omelia -. Il loro grido di aiuto e le loro braccia alzate verso il cielo non sono stati sufficienti per scuotere le autorità europee, italiane, libiche e maltesi, nell’indifferenza delle istituzioni e di noi tutti. Guardando la croce, ci sembra di vedere i loro volti, le lacrime, ci sembra di percepire la paura e la terribile solitudine”.

“Può l’Europa intera, possiamo noi volgere gli occhi altrove? L’abitudine al dolore altrui è pericolosa”, ha avvertito il sacerdote. “Nessuno può scende da solo dalla croce. Nessuno si salva da solo. Dobbiamo raccogliere il grido di chi soffre e affonda”, ha aggiunto.

“La morte di questi nostri fratelli e di queste nostre sorelle, è un appello doloroso a lasciarci scuotere”, ha detto ancora mons. Gnavi, ricordando le parole di papa Francesco di ieri al Regina Caeli sulle vittime del naufragio e dei tanti altri che avvengono in Mediterraneo.

“Questa è la ragione più profonda della nostra invocazione. Sentiamo infatti la responsabilità personale e collettiva di non volgere gli occhi altrove e di reagire operosamente e decisamente perché non si può lasciare il deserto in mare di soccorritori – ha affermato -: che si torni a soccorrere e salvare; salvando la vita degli altri preserveremo anche la nostra umanità dall’imbarbarimento”. “Nell’indifferenza ripetiamo sommessamente: salva te stesso! – ha aggiunto – Al cinismo dei trafficanti non possiamo opporre il cinismo della distanza e il mancato soccorso”.

Secondo mons. Gnavi, “occorre potenziare vie legali di immigrazione, rafforzare i corridoi umanitari. Non accettare che porti, ormai universalmente riconosciuti insicuri, e luoghi di detenzione e tortura siano un destino ineluttabile. Possiamo tutti fare di più, istituzioni e noi tutti! Soprattutto non dormire accanto a un mondo in agonia”. “Diceva don Pino Puglisi: ‘Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto’ – ha concluso -. Il grido dei migranti non ci trovi timidi o tiepidi”.

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