La Corte di Cassazione, nella sentenza n.39400 del 23 agosto 2017, ha stabilito che nel caso cittadino straniero condannato al carcere nel Paese d’origine, che si trova in Italia, non deve essere eseguito il mandato di arresto europeo prima di aver accertato l’assenza di trattamenti inumani e degradanti. Tra questo tipo di trattamenti rientra anche il sovraffollamento delle carceri, così come chiarito dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura in un rapporto del 24 settembre 2015.
Il caso
I giudici della Cassazione hanno così deciso in merito al ricorso presentato da un cittadino rumeno condannato per furto aggravato e continuato, ritenendo violata la normativa dalla Corte d’Appello di Torino, che aveva eseguito la richiesta avanzata dalle autorità rumene. A tal proposito, i giudici della Cassazione hanno richiamato un principio evidenziato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza Vasilescu c. Belgio del 25/11/2014, secondo cui sussiste un obbligo per l”autorità giudiziaria richiesta della consegna di verificare in concreto la sussistenza del rischio di trattamenti inumani e degradanti dei detenuti, “correlata alla condizione degli istituti carcerari dello Stato di emissione, attraverso la richiesta di informazioni individualizzate allo Stato richiedente relative al tipo di trattamento carcerario cui sarebbe, specificamente, sottoposto il soggetto interessato”.
La Corte d’Appello di Torino dovrà, dunque, raccogliere tali specifiche informazioni e darne conto nel provvedimento di consegna, qualora questo sia legittimo.
Il commento
“Si tratta di una decisione – commenta Maria Francesca Ciriello, dottoressa in Diritto e amministrazione pubblica – che sarà certamente strumentalizzata da chi promuove il pensiero fascista nel nostro Paese, ma ad accogliere con favore questa decisione saranno tutti coloro che sono impegnati nel campo della difesa dei diritti umani. Quanto sottolineato dai giudici della Corte di Cassazione evidenzia un principio generale recepito dall’ordinamento italiano, ovvero la tutela della dignità della persona, al di là delle condizioni in cui essa si trova. E l’importanza di questo principio emerge in modo particolare nel caso di soggetti condannati a subire una restrizione della libertà personale in condizioni inumane e degradanti, come nelle situazioni di sovraffollamento delle carceri, per i quali è stato inoltrato un mandato di arresto europeo. La Corte di Cassazione si è trovata ad affrontare il caso di un Paese come la Romania, che nonostante le numerose condanne per violazione dei diritti umani e gli impietosi rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, continua a non risolvere il gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri, che si traduce inevitabilmente in una restrizione delle cure, dell’igiene e del cibo: di tutto ciò che è fondamentale per conservare la dignità della persona. La speranza è che, più che suscitare polemiche, questa sentenza possa far concentrare ancora una volta l’attenzione sul tema del sovraffollamento delle carceri anche nel nostro Paese e al quale dovrà essere trovata al più presto una soluzione adeguata”.