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L’Italia è in recessione, e ora?

L’Italia è ufficialmente in recessione ed è necessario trovare un metodo per uscirne sani e salvi.

Il nostro paese è entrato ufficialmente in recessione. Ma cosa significa e, soprattutto, cosa comporta per il nostro futuro? Scopriamolo.

Cosa significa essere in recessione

Il termine recessione, in ambito economico, ha un significato molto preciso. Citando il Post: “Si verifica quando un paese, arrivato ad avere una certa capacità produttiva, non è più in grado di sfruttarla completamente: per esempio perché la domanda complessiva di beni e servizi diminuisce. La recessione è l’opposto della crescita economica, cioè dello sviluppo di un paese in diversi settori con aumento della ricchezza, dei consumi, della produzione di beni e di servizi.”

Un’altra misura da tenere in considerazione è il prodotto interno lordo (Pil). Il Pil si misura in trimestri. Più precisamente a Gennaio, Aprile, Luglio, Ottobre e Dicembre. Quando l’economia decresce per due trimestri di fila si inizia a parlare di recessione tecnica. L’Istat aveva già calcolato un primo calo durante il terzo semestre del 2018. Adesso la discesa è stata confermata anche dal quarto semestre dell’anno. Il nostro paese è dunque ufficialmente in recessione. Non si tratta di una buona notizia. La recessione tecnica presuppone infatti una lunga discesa e noi abbiamo appena iniziato a scivolare. Inoltre non è la prima volta che siamo scivolati in termini finanziari. Già nel 2008, con la crisi dell’Eurozona, il nostro paese, la Grecia, la Spagna e il Portogallo hanno sofferto molto. Si trattavi infatti di economie non abbastanza solide da sopportare una crisi globale come quella che è partita dagli Stati Uniti. Appena annunciata l’entrata in recessione Confindustria ha commentato con un “Ve l’avevamo detto”. Effettivamente le avvisaglie c’erano tutte.

Adesso che si fa?

Posto che siamo entrati in recessione, il nostro paese deve trovare un modo per rispondere. Come si può fare? Il premier Giuseppe Conte, durante il World Economic Forum ha dichiarato che: “Non sarà facile e non accadrà domani, ma troveremo una soluzione e porteremo sollievo all’economia”. Molto bene, ma a livello di politiche da implementare come si traduce? Di Maio prometteva, come un novello Berlusconi del ’94, un nuovo boom economico. Proprio come quello degli anni Cinquanta. Non solo, anche di poter invertire la caduta dell’Italia nel baratro. Peccato che a livello economico sia impossibile. Il fantomatico reddito di cittadinanza e la quota 100 non ci salveranno. Il problema della decrescita è che, se si riesce a fermare il declino immediatamente, allora esistono possibilità concrete di risalita. In caso contrario, se ci si sveglia troppo tardi come al solito, non è sostenibile uscire dal baratro. Si affonda inesorabilmente. Lo stacco con gli altri paesi diventa irrecuperabile. Rispetto Francia e Spagna, e all’Eurozona in senso più ampio, siamo gli ultimi in termini di crescita.

Ma come si esce dalla recessione a livello concreto?

Per uscire da una recessione esistono diverse tecniche, a seconda delle diverse scuole di pensiero. I monetaristi prediligono politiche monetarie espansive. In questi casi, si abbassano i tassi di interesse. Così aumenta la quantità di denaro in circolazione e le imprese possono ricominciare a respirare. Gli economisti provenienti dalla scuola keynesiana, invece, sostengono che la ricetta per far ripartire l’economia consista nell’aumento della spesa pubblica.

La proposta del ministro Tria

Il ministro dell’economia Giovanni Tria ha proposto di rilanciare gli investimenti, il vero motore dell’economia, che ci permetterebbero di uscire dalla recessione. Peccato che nessuno lo ascolti. Il reddito di cittadinanza e la quota 100 sono promesse molto più sceniche da proporre ad un pubblico di lettori che ormai si beve ogni cosa. Non si sa per effettiva ignoranza o se per sfinimento. Non solo, ci troviamo anche in un perenne clima di campagna elettorale a causa delle elezioni europee. Per questo motivo, non c’è spazio per soluzioni pragmatiche e reali. È meglio lasciare spazio a false promesse elettorali che non si potranno mantenere una volta eletti.

L’Export Italiano

Il Centro Einaudi di Torino, ha effettuato uno studio, soffermandosi su un aspetto interessante della nostra economia, ovvero le esportazioni. C’è stato un periodo, seppur breve, in cui la nostra economia è effettivamente cresciuta: “Nella fragile ripresa italiana non sono mancate le soddisfazioni per i miglioramenti della struttura economica”. Lo studio ha inoltre analizzato il potere d’acquisto del nostro paese tra il 2009 e il 2017. Esso sembra essere aumentato bel del 25%, ergo un tasso annuo di circa il 3%. “Il boom dell’export deriva anche da un deciso apprezzamento del prodotto venduto all’estero grazie al miglioramento della qualità, solitamente misurata dal prezzo”. I risultati positivi delle esportazioni hanno dato una spinta robusta alla variazione del Pil senza peraltro riuscire a spingerlo in prossimità del 2%, obiettivo macroeconomico importante, nel medio periodo, per ridurre in maniera “indolore” (senza tagli alla spesa pubblica) il rapporto debito pubblico/Pil.”

Come si trova un equilibrio?

Trovare un equilibrio per far uscire l’Italia da questa situazione non è semplice. È necessario considerare che abbiamo già i tassi di interesse ad un livello molto basso. Non solo, con l’ultima legge di bilancio, l’attuale governo si è impegnato a tagliare ulteriormente la spesa pubblica, arrivando a un taglio di oltre 50 miliardi. Non esattamente spicci. Del resto, se non si fosse deciso di procedere per questa strada, sarebbe scattate le “clausole salvaguardia”. Se attivate, avrebbero portato ad un aumento dell’IVA automatico. Insomma, un’altra situazione da evitare, possibilmente. Se a questo quadro già intricato, si aggiunge il fatto che viviamo in un’economia in cui esiste una forte interdipendenza tra tutti i vari attori in campo, la situazione si complica ulteriormente. Non esiste quindi una risposta chiara e definita per uscire da questa bolgia dantesca. Siamo già usciti dalla recessione del 2015 e dovremo affrontare anche questa. Non ci sono alternative possibili. Per capire come muoversi sarà necessario, contrariamente a ciò che pensa l’ala gialla dell’attuale governo, affidarsi a chi è un esperto in materia. Perché in alcuni casi, come una crisi economica, non ci si può permettere di andare a tentativi e gettare ulteriormente il nostro paese nel baratro. È un’ingiustizia nei confronti di chi davvero, in caso di una recessione come quella del 2008, non saprebbe come mettere insieme il pranzo con la cena. È un’ingiustizia nei confronti anche di chi economicamente sta meglio. Almeno per ora. In generale, è un’ingiustizia verso i cittadini, che si meriterebbero dei rappresentati competenti e all’altezza della loro fiducia, indipendentemente da chi hanno votato.

 

A cura di B.P.

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