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L’estrema destra vince in Brasile: chi è Jair Bolsonaro

Il Brasile ha scelto il suo nuovo presidente. È Jair Bolsonaro, il candidato di estrema destra, che assumerà il mandato il 1° gennaio 2019.

Jair Bolsonaro sarà il 38° presidente della Repubblica Federale del Brasile. Il candidato di estrema destra, ex militare, ha vinto al ballottaggio contro Fernando Haddad, che aveva l’endorsement dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Bolsonaro e Haddad hanno ottenuto rispettivamente il 55,7% e il 44,3% dei consensi. Secondo molti, anche il Brasile ha espresso un altro voto contro l’establishment, in un tentativo di esprimere lo scontento di una parte della popolazione nei confronti di un sistema che non ascolta. Bolsonaro fa parte del Partito Social-liberale, che abbraccia idee conservatrici e populiste. Il neo-eletto presidente promette di “salvare il Brasile”, giura “davanti a Dio” di “difendere la Libertà” e di tutelare la Democrazia e la Costituzione. Eppure, Bolsonaro è una figura estremamente controversa. La sua elezione a Presidente del Brasile ha suscitato le preoccupazioni non solo dell’opposizione nazionale, ma anche di una parte della comunità internazionale. “Jair Bolsonaro è noto per le sue posizioni in difesa della famiglia, della sovranità nazionale, del diritto alla proprietà e dei valori sociali del lavoro e della libera impresa”, si legge sul sito del candidato eletto. “I suoi vessilli politici sono fortemente osteggiati dai partiti dell’ideologia di sinistra”, appunto.

Nato a Campinas, San Paolo, Bolsonaro ha origini italiane. I nonni materni, infatti, erano di Lucca, ed emigrarono in Brasile verso la fine dell’Ottocento. Da parte di padre, invece, è pronipote di veneti e calabresi. Nel 1977 si diploma all’accademia militare di Agulhas Negras, e nel 1991 viene eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati. Ex-militare e deputato federale, Bolsonaro si è velocemente affermato come il leader che ha cavalcato l’ondata di malessere nella società della quarta democrazia più grande del mondo, stremata ed esasperata dalla crisi economica, dagli scandali di corruzione e dalla crescente violenza criminale. Se la biografia e le posizioni ufficiali di Bolsonaro non sembrano dare adito ad allarmismi, sono alcune sue dichiarazioni pubbliche degli ultimi anni a generare preoccupazioni negli osservatori internazionali.

Jair Bolsonaro, figura controversa. Le dichiarazioni contro donne, omosessuali e minoranze etniche.

L’ex militare di estrema destra viene criticato principalmente per le sue dichiarazioni contro omosessuali, donne e neri. In diverse occasioni ha anche mostrato di non credere nella democrazia come mezzo di risoluzione dei problemi del paese, e di ammirare invece la dittatura militare che per oltre 20 anni terrorizzò il Brasile con l’appiattimento dei diritti di opposizione, arresti, omicidi, torture e misteriose sparizioni.

Tra le più discusse dichiarazioni ve ne sono diverse contro gli avversari politici, gruppi di società civile, organi di stampa, e ovviamente le donne, i gay e le minoranze. “Questa gentaglia, se vuol restare qui, dovrà sottoporsi alla legge di noi tutti. Sennò va in galera, o fuori dal Brasile. Questi delinquenti rossi saranno cacciati dalla nostra patria”, diceva Bolsonaro solo poche settimane fa.

“Se continueranno con le occupazioni illegali di proprietà privata, nel mio governo applicheremo loro le leggi antiterrorismo”, ha dichiarato riferendosi a movimenti come i contadini ‘senza terra’. “La “Folha de São Paulo” è la più grande fabbrica di fake news del Brasile. Con me non avrà più le risorse pubblicitarie del governo. Le mie condoglianze, stampa venduta!”.

“Adesso sono tutti da proteggere, le donne, i neri, i gay, i nordestini… Tutto questo con me finirà”. “Se io diventerò presidente, gli indios non avranno un solo centimetro quadrato in più di riserva. Hanno già a disposizione troppa terra”, diceva nell’aprile dello scorso anno. “Dobbiamo farla finita con questa lagna del femminicidio. C’è solo l’omicidio e io infilerei un’arma in tutte le cinture”, nel marzo 2017.

“Non ti stuprerei mai, non te lo meriti”, “Sono a favore della tortura, e anche il popolo lo è”, “Attraverso le elezioni non cambieremo mai nulla in questo paese”, “Non assumerei donne e uomini con lo stesso stipendio”, “A noi brasiliani non piacciono gli omosessuali”, e altre frasi che hanno contribuito a costruire la figura di un uomo che fa paura. Ma non a tutti.

L’esultanza di Matteo Salvini, Marine Le Pen, e gli altri sovranisti.

“Anche in #Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al Presidente #Bolsonaro, l’amicizia fra i nostri Popoli e i nostri Governi sarà ancora più forte!!!” festeggia su twitter Matteo Salvini. “Buona fortuna al nuovo presidente #Bolsonaro, che dovrà sistemare la situazione economica, di sicurezza e democratica altamente compromessa del #Brasile”, fa eco Marine Le Pen. “La destra vince anche in #Brasile, la sinistra sconfitta in tutto il pianeta e dalla storia. Finalmente i popoli si stanno riprendendo la loro libertà e la loro sovranità”, rincara la Meloni.

Ancora niente da Donald Trump, che viene però spronato dallo stesso Bolsonaro sui social. “Abbiamo ricevuto poco collegamento dal presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump, per questa elezione storica! Esprimiamo il desiderio di avvicinare ulteriormente queste due grandi nazioni e di progredire sulla via della libertà e della prosperità!”.

Come predetto da Bolsonaro, gli esponenti di sinistra hanno espresso parole di preoccupazione per l’elezione di questo presidente del Brasile. A preoccupare non è, però, Bolsonaro in sé, ma in quanto emblema di una sfiducia popolare che diventa forza distruttiva e trova una voca nell’estrema destra. “È una tendenza globale? Sì, purtroppo. Questa tendenza è vedere le cosiddette democrazie liberali – nel senso di libertà – ritirarsi ovunque nel mondo “, dice il Commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici. “È un fenomeno legato a una forma di affaticamento forse democratico su cui chi ha a cuore la democrazia dovrebbe riflettere e organizzare un contrattacco”.

Come l’elezione di Donald Trump e il successo dei sovranismi in Europa, anche i risultati delle elezioni presidenziali in Brasile confermano un rifiuto mondiale del sistema e delle istituzioni. La sfiducia verso l’establishment, gli organi di stampa e le relazioni internazionali si traducono sempre di più in scelte politiche impulsive, che segnalano un desiderio disperato di vedere dei cambiamenti anche negli strati sociali che più sono lontani dalle grandi logiche istituzionali. Per quanto si tratti di un sentimento legittimo, i cambiamenti in questo senso non possono avvenire a detrimento dei diritti fondamentali e delle conquiste politiche e sociali di tutti. E questo vale non solo per il Brasile o l’America, ma anche per l’Europa, anche per l’Italia.

Di A.C.

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