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L’antitrust nell’Unione Europea

Con più di mezzo secolo di ritardo rispetto agli Stati Uniti, anche in Unione Europea si afferma la normativa antitrust. Giova precisare che nel Trattato di Roma del 1957 erano previste norme a tutela della concorrenza, quali quelle relative alla creazione di mercati liberi e competitivi e alla facilitazione della circolazione di capitali, merci e persone: ciò che darà poi vita la progetto di integrazione europea.

La politica antitrust è stata ufficialmente introdotta con la creazione della Comunità Economica Europea, caratterizzata dall’obiettivo di realizzare un mercato unico, privo di barriere e all’interno del quale fosse garantita la libera circolazione dei beni, dei servizi, delle persone e dei capitali. Da ciò deriva la necessità di assicurare la libera concorrenza e di tutelare tale condizione. La politica di tutela della concorrenza vieta sostanzialmente la concentrazione del potere economico in monopoli, oligopoli, cartelli o altre strutture di mercato che hanno gli stessi effetti negativi sul benessere del consumatore.

Nell’ambito della disciplina europea in materia di antitrust è possibile individuare alcune regole che si applicano ai comportamenti delle imprese e altre che si rivolgono agli Stati membri.

Alle imprese si rivolge l’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che vieta le intese restrittive, ovvero quegli accordi tra le imprese, le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate, in grado di pregiudicare il commercio tra gli Stati membri, e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Qualora le imprese adottassero tali intese vietate, queste devono considerarsi nulle. Tuttavia, lo stesso articolo prevede alcune deroghe nei casi in cui tali intese creino benefici per il consumatore, migliorino la produzione, rispettino il criterio di proporzionalità rispetto al fine da raggiungere e non elimino totalmente la concorrenza.

Alle imprese si rivolge, inoltre, l’art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che vieta lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo. Nella sentenza Hoffman-La Roche, del 1979, è stata fornita una definizione di posizione dominante, considerata come la posizione di potere economico goduto da un’impresa, tale da impedire che sul mercato vi sia una concorrenza efficace e che le fornisce il potere di agire indipendentemente dai suoi concorrenti, dai suoi clienti e, infine, dai suoi consumatori.

Ancora alle imprese si rivolge il Regolamento CE n. 139/2004 che vieta le concentrazioni che comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale, in modo da eliminare o ridurre, in modo sostanziale e durevole, la concorrenza.

Agli Stati, invece, si rivolge l’art. 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che disciplina i rapporti tra la Commissione europea e i singoli Stati membri, con riferimento alle imprese a cui sono riconosciuti diritti speciali ed esclusivi, come ad esempio i monopoli legali. I singoli Stati membri non possono emanare o mantenere nei confronti di queste imprese misure contrarie alle norme previste nel Trattato e, in particolare, quelle poste a tutela della concorrenza. Anche alle imprese a cui sono riconosciuti diritti speciali ed esclusivi si applicano le norme a tutela della concorrenza, purché questo non impedisca l’adempimento degli specifici compiti ad esse attribuiti.

L’ultima riforma in materia di tutela della concorrenza è stata introdotta dal Regolamento n.1/2003, che decentra i poteri applicativi delle norme agli Stati membri e introduce la European Competition Network, la rete europea delle autorità nazionali di concorrenza e Commissione europea, che agisce in stretta collaborazione.

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