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La perdita della qualifica di ente non commerciale e le società sportive dilettantistiche

La pratica dell’attività sportiva a livello dilettantistico ha avuto, nel corso degli ultimi decenni, una diffusione costante e intensa tanto da assumere una rilevanza non solo sociale, ma anche economica.
Ciò spiega la crescente attenzione che il legislatore tributario ha dimostrato per la materia.

In particolare, gli interventi normativi succedutisi nel corso del tempo hanno perseguito un duplice scopo: da un lato, favorire e incentivare la pratica sportiva dilettantistica, delineando un regime fiscale differenziato e agevolato e, dall’altro, predisporre un adeguato sistema di controlli in grado di evitare fenomeni di utilizzo distorto degli strumenti giuridici a disposizione degli enti dilettantistici.

Innanzitutto, è utile sottolineare che per attività sportiva dilettantistica si intende l’esercizio di un’attività senza scopo di lucro e per finalità di natura ideale. Pertanto, gli sportivi dilettanti

svolgono la loro attività a titolo gratuito e senza carattere di continuità. L’attività sportiva dilettantistica viene esercitata prevalentemente in modo associato, secondo una delle seguenti forme giuridiche (comma 17, articolo 90, legge 289/2002), quali l’associazione sportiva dilettantistica (Asd) con o senza personalità giuridica e la società sportiva dilettantistica (Ssd), speciale categoria di società di capitali, caratterizzata dall’assenza del fine di lucro. Le

associazioni sportive

dilettantistiche rientrano nel novero degli enti non commerciali. Ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera c), del Tuir, sono tali gli enti, pubblici o privati, diversi dalle società, residenti nel territorio

dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

La qualifica di ente non commerciale, quindi, si ottiene e si conserva a condizione che l’attività istituzionale effettivamente esercitata abbia esclusivo o prevalente carattere non commerciale. In altri termini, ai fini del raggiungimento dei propri scopi istituzionali gli enti non commerciali possono svolgere anche attività commerciali, purché le stesse siano meramente accessorie e di

supporto rispetto all’attività istituzionale (non commerciale).

La definizione di oggetto esclusivo o principale è dettata dal comma 4, articolo 73, Tuir, in base al quale “l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli

scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

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