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La Brexit si fa sentire: tasse enormi per chi acquista dal Regno Unito

Sono passati pochi giorni dall’addio effettivo del Regno Unito all’Unione europea, ma i suoi effetti si stanno già facendo sentire e, come molti temevano, non sono affatto positivi per il momento. In Europa diversi acquirenti di beni provenienti dal Regno Unito acquistati online, si sono visti recapitare inaspettate fatture con richieste di pagamenti aumentati collegati ai nuovi costi del commercio tra il blocco comunitario e l’isola. Nonostante tra il governo di Boris Johnson e l’Ue sia stata trovata un’intesa all’ultimo secondo per un accordo di libero scambio, questo non significa che non ci sono affatto tariffe da mettere in conto.

Costi aumentati

Come spiega il Guardian, che ha raccolto varie testimonianze, dalla fine del periodo di transizione per fare acquisti oltremanica bisogna completare una dichiarazione doganale per le merci importate dal Regno Unito, una procedura generalmente eseguita dai trasportatori, per la quale i consumatori saranno addebitati, spesso fino a 20 euro per dichiarazione, a cui poi si deve aggiungere l’Iva da pagare. “Abbiamo acquistato uno scaffale da 47 euro da Next per il nostro bagno”, ha detto Thom Basely, che vive a Marsiglia. “La mattina in cui doveva essere consegnato, abbiamo ricevuto invece una richiesta di ‘dazi/tasse di importazione’ per oltre 30 euro, che sembrava quasi una richiesta di riscatto. È stata una sorpresa completa”, ha detto al giornale britannico. A una residente di Francoforte che ha ordinato abbigliamento da ciclismo da un’azienda britannica è stata inviata una richiesta fiscale e doganale di addirittura 102 euro, mentre una donna nei Paesi Bassi che ha acquistato pantaloni a dicembre “senza problemi” ha dovuto pagare una fattura di 40 euro per altri due paia ordinati a gennaio.

Molte grandi aziende hanno promesso che non scaricheranno sui clienti i costi, ma non tutte riescono a farlo o comunque non tutte riescono ad affrontare la nuova burocrazia legata alla Brexit. Il negozio di alimenti alta qualità, Fortnum & Mason, ha dovuto addirittura negare un ordine a una potenziale affermando che purtroppo “non siamo in grado di inviare alcun prodotto nei Paesi europei in questo momento, a causa delle restrizioni della Brexit”. Un “deposito delle tasse di importazione”, è stato anche aggiunto agli ordini dall’Europa continentale effettuati tramite il sito di Amazon nel Regno Unito, quasi raddoppiando il costo di alcuni articoli e rendendo significativamente più economico trovare un’alternativa europea.

Come ha raccontato il Financial Times diverse Pmi, alle preso con le nuove regolamentazioni, hanno deciso proprio di abbandonare, o comunque mettere in pausa, il commercio con gli Stati membri dell’Ue. Ad esempio la Aston Chemicals ad Aylesbury, un’azienda di medie dimensioni che importa e distribuisce prodotti chimici specializzati per alcuni dei principali marchi di cosmetici al mondo. Ha spedito il suo ultimo carico in Europa il 18 dicembre. “È stato triste dopo 30 anni di commercio e speravamo che non si arrivasse a questo”, ha detto al giornale l’amministratrice delegate, Dani Loughran, secondo cui però “la duplicazione delle normative chimiche britanniche e dell’Ue, il rischio di tariffe a causa delle regole di origine, i ritardi alle frontiere e l’aumento dei costi di trasporto e amministrazione non ci hanno lasciato scelta”.

 
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