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Johnson & Johnson a processo per epidemia di oppioidi

Il gigante farmaceutico Johnson & Johnson è accusato dallo Stato dell’Oklahoma di aver spinto all’uso di oppioidi anche persone che non ne avevano bisogno.

Per la prima volta uno Stato americano trascina in tribunale una società farmaceutica. Lo stato pioniere è l’Oklahoma, nel Midwest degli Stati Uniti d’America. L’azienda, nota produttrice e distributrice di farmaci a base di oppiacei, è accusata di aver agito come vero e proprio “boss della droga”, che senza scrupoli avrebbe fatto di tutto per diffondere i suoi prodotti sul mercato, ricorrendo anche a un “lavaggio del cervello subdolo e ingannevole” all’interno di una “campagna multi-miliardaria” sui medicinali a base di oppiacei. Martedì è cominciato il processo, e l’attenzione dei media è puntata sui banchi di quelle aule dell’Oklahoma. Il processo, qualunque sarà il verdetto, avrà una portata straordinaria.

Il sistema giudiziario degli Stati Uniti si basa su un sistema di “common law”, tipico del diritto inglese, in base al quale le sentenze precedenti diventano linee guida ufficiali per l’interpretazione delle leggi, entrando di fatto nel panorama legislativo. Qualunque sarà il verdetto dei giudici sul caso Johnson & Johnson, avrà sicuramente un impatto nel rapporto tra le grandi aziende e il sistema legislativo. La J&J, arcinota soprattutto per i suoi prodotti dedicati ai bambini, è forse il più grande produttore al mondo di prodotti sanitari. Già nel turbinio di polemiche dovute ad alcune accuse per dei prodotti a rischio cancro, ora la multinazionale è imputata di aver acceso la miccia per una crisi di dipendenze da oppiacei ed eroina, che ha le dimensioni di una vera bomba: il processo deciderà se uno stato può far pagare una compagnia farmaceutica per l’impatto dei suoi farmaci oppioidi.

Il processo: accusa, difesa, testimonianze

Lo Stato dell’Oklahoma chiede all’azienda 17,5 miliardi di dollari di multa e risarcimenti. La J&J, con poca sorpresa, si è dichiarata non colpevole, e insiste nel sostenere di aver agito sempre e solo per il benessere dei pazienti. La comparizione sul banco degli imputati potrebbe essere fortemente rischiosa per il gruppo, anche perché non si tratta di un caso isolato. Dubbi sulla sicurezza dei prodotti J&J erano già emersi quando il celeberrimo talco destò sospetti di essere cancerogeno, e chissà quanti altri casi simili potrebbero emergere. Il fatto che per la prima volta uno Stato accusi un’azienda farmaceutica potrebbe dare coraggio a molte altre istituzioni che fino ad ora hanno preferito rimanere in silenzio di fronte alla potenza multimiliardaria di un’azienda come J&J.

Il procuratore generale dello Stato dell’Oklahoma, Mike Hunter, ha detto durante il processo apertosi martedì che la Johnson & Johnson ha avuto un ruolo determinante nell’innescare “la peggiore crisi sanitaria causata dall’uomo nella storia dello stato. Per farla breve, questa crisi sta mettendo in ginocchio l’Oklahoma”. Hunter ha detto che l’azienda avrebbe “distrutto vite e famiglie”, per un solo e unico motivo: “greed”, l’avidità. E infatti al centro dell’accusa c’è una campagna di marketing che ha il sapore di “lavaggio del cervello”, per convincere chiunque a comprare potenti antidolorifici firmati J&J. Lo stato dell’Oklahoma ha chiesto i danni: nello specifico, J&J avrebbe spinto gli americani a comprare medicinali a base di oppioidi, anche se di fatto non ne avevano alcun bisogno. Alle radici di questa massiccia spinta verso i loro prodotti, potrebbe esserci una rivalità con la concorrente Purdue Pharma, che pure ha giocato un ruolo chiave nello scatenare la crisi di dipendenza da oppioidi. L’avvocato Michael Burrage ha pronunciato l’arringa iniziale per lo stato dell’Oklahoma. “Johnson & Johnson ha contribuito a creare questo problema pubblico in Oklahoma. Sia falsamente sia ingannevolmente, attraverso diversi metodi, ha promosso oppioidi per il trattamento del dolore cronico, non maligno”, ha sostenuto.

La Johnson & Johnson è difesa in aula dall’avvocato Larry Ottaway. La difesa sostiene che le campagne marketing non erano affatto diverse da quelle realizzate dalla “Food and Drug Administration”, l’ente governativo degli Stati Uniti impegnato nella regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, e che nel 2009 sostenne che gli antidolorifici raramente causano dipendenza, se utilizzati correttamente. “Non prendiamo in giro nessuno, ma i fatti sono ostinati”, ha detto Ottaway. Il comportamento della J&J e delle sue controllate sarebbe, secondo la difesa, conforme alle leggi dell’Oklahoma. “Eppure, l’Oklahoma vuole che la Johnson & Johnson paghi 17,5 miliardi”, ha sottolineato. Nella sua arringa iniziale, Ottaway ha puntato sull’emotività, cercando di dipingere un futuro dove il dolore “non passa mai”. “Tutti noi abbiamo sofferto, alcuni fortunatamente meno di altri. Abbiamo colpito il dito con un martello, abbiamo tutti avuto mal di denti, abbiamo tutti rotto un osso, ci siamo bruciati, e lo odiamo. È il ricordo di come ci si sente ad essere liberi dal dolore che ci fa superare quei tempi. Voglio che tutti pensino a come sarebbe se invece di andare via quel dolore fosse rimasto, senza mai andare via” dichiara l’avvocato difensore di J&J. “Il dolore cronico grave è un ladro che ruba l’anima e la vita. Porta alla depressione, porta al suicidio, le persone non possono prendersi cura dei propri bisogni primari” ha aggiunto. “Quando parliamo di bilanciare il rischio di dipendenza e il dolore inesorabile, questo è l’equilibrio di cui parla il governo” ha concluso Ottaway.

Tra discorsi di avvocati, arringhe e dichiarazioni di apertura del processo, momenti di commozione sono giunti nella seconda giornata di processo con la testimonianza Craig Box. Mercoledì, in quell’aula di Norman, Oklahoma, Craig ha parlato di suo figlio Austin, morto nel 2011 a 21 anni per overdose da oppioidi. “Nel 2011 ancora nessuno sapeva di questa ‘crisi’ come entrambe le parti del processo la chiamano”, ha detto. “Noi non abbiamo mai sospettato niente”. Dopo il decesso del figlio, Craig racconta di essere venuto a conoscenza di altre storie simili, e che tutte le famiglie erano concordi su un punto: nessuno poteva conoscere i rischi legati all’uso di certi medicinali. Recenti studi mostrano che quasi 9mila tra bambini e adolescenti sono morti per overdose da oppioidi tra il 1999 e il 2016, con percentuali sempre più significative. Austin era sempre stato appassionato di sport, e spesso aveva avuto incidenti che lo avevano costretto a essere operato. Quando è morto, gli esami hanno dimostrato che nel suo sangue circolavano cinque diversi antidolorifici, e un farmaco anti-ansia.

Il trono da “boss della droga”

Una crasi tra il titolo della celeberrima serie televisiva “Il trono di spade” e l’appellativo di “boss della droga” con cui J&J è stata etichettata, rende bene l’idea di come una guerra tra due grandi aziende, J&J e Purdue Pharma, che si litigano i primi posti sul mercato, abbia fatto diverse vittime civili. Nella città di Norman, dove il processo si è aperto martedì, lo Stato ha sostenuto che Purdue Pharma, J&J, e una terza azienda con sede in Israele, Teva Pharmaceuticals, a partire dagli anni ’90 hanno spinto i dottori a prescrivere sempre più antidolorifici a base di oppioidi, accompagnando le pressioni con una ingannevole campagna marketing per convincere anche i cittadini della bontà del prodotto. L’Avvocato di Stato Brad Beckworth ha spiegato che J&J avrebbe spinto molto sul presentare gli oppioidi come “sicuri ed efficaci per i dolori di tutti i giorni”. E già qui la situazione ha dell’agghiacciante: e infatti Brad Beckworth sottolinea che in questo modo, sdoganando un uso quotidiano dei farmaci oppioidi, si sottostima la forza di quelle sostanze di creare dipendenza. “Se si arriva a un uso eccessivo, le persone muoiono”, ha detto l’avvocato Beckworth.

Ma quando ci sono interessi economici in ballo, quando i potenti riescono a controllare le vite dei cittadini e “l’avidità” regna sovrana, anche le vite umane hanno un prezzo. È giunta l’ora di considerare le società “responsabili per le loro azioni”, come chiarito dal procuratore Hunter. Questo mese, infatti, Teva Pharmaceuticals ha acconsentito a pagare 85 milioni di dollari per chiudere un processo in cui era stata trascinata sempre dallo Stato dell’Oklahoma, con accuse simili a quelle contro J&J: i loro farmaci avrebbero ucciso migliaia di persone. Anche Purdue Pharma si è accordata con l’Oklahoma, e ha sborsato 270 milioni di dollari per sedare la medesima accusa rivolta anche alle altre due multinazionali. Quando si parla di “morti da overdose di oppioidi”, si pensa soprattutto a un farmaco: l’ossicodone, o OxyContin, che guarda caso viene prodotto proprio da Purdue Pharma. Tant’è che l’azienda si è ritrovata diverse volte nelle aule di tribunale per scrollarsi di dosso la presunta colpa di incentivare l’abuso di farmaci.

Beckworth ha ricostruito a grandi linee le vicende che hanno portato a una escalation nell’uso degli antidolorifici. Nel 1991 J&J ha lanciato il Duragesic, che per i primi anni veniva usato solo per trattare dolori forti di persone malate di cancro o che stavano morendo. Ma quando la Purdue Pharma ha lanciato l’OxyContin nel mercato, nel 1997, J&J ne ha approfittato per promuovere l’uso del Duragesic anche nei casi di dolori cronici più comuni, con l’obiettivo di sostenere la competizione con il prodotto Purdue ed espandersi nel mercato. Una controllata J&J, la Janssen Pharmaceuticals, avrebbe anche lei prodotto un farmaco a base di oppioidi, il Nucynta, che Hunter ha descritto come una “letale pillola di eroina”. Tutte le aziende menzionate avrebbero deliberatamente ignorato le autorevoli prove che dimostrano che gli oppioidi creano dipendenza. “J&J sapeva che i medicinali oppioidi danno dipendenza e sono pericolosi”, ha detto Beckworth. Nonostante questo, ha continuato l’avvocato, la J&J ha comunque continuato a “creare un bisogno, in modo da poter vendere”.

I dati dell’epidemia da oppioidi, e cosa il governo americano sta facendo per rimediare.

Secondo uno studio condotto dai Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (Centers for Disease Control and Prevention), 130 americani muoiono ogni giorno per overdose da oppioidi. Nel 2017, sono morte 70.200 persone di overdose, 47mila per overdose da oppioidi. La dipendenza da e lo scorretto uso di oppioidi è un problema serio negli Stati Uniti, come se una nazione intera fosse drogata. L’Istituto Nazionale sull’Abuso di Droghe spiega che non si tratta solo di una crisi sanitaria, ma anche del benessere sociale ed economico. Secondo i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, infatti, il costo dell’abuso di farmaci oppioidi costa agli Stati Uniti 78,5 miliardi di dollari all’anno, comprensivi dei costi dell’assistenza sanitaria, della perdita in termini di produttività e delle ripercussioni nei tassi di criminalità.

Gli oppioidi creano così tanta dipendenza perché colpiscono le aree del cervello che regolano il dolore e le emozioni. Aumentano i livelli di dopamina, l’ormone del benessere e della felicità, che automaticamente mette il paziente in uno stato di euforia. Il cervello si assuefà, e diventa sempre più goloso. Con il passare del tempo, e con il consumo prolungato, il cervello ha bisogno di dosi sempre più frequenti per ritrovare quell’euforia. E così arriva la dipendenza. L’Istituto Nazionale sull’Abuso di Droghe ripercorre le vicende che hanno portato a un uso così massiccio e pervasivo di questi farmaci. Negli anni ’90 le case farmaceutiche hanno insistito nel sostenere che i pazienti non sarebbero diventati dipendenti dagli antidolorifici a base di oppioidi, e così la comunità medica non si è fatta troppe domande nel decidere di cominciare a prescriverli con più facilità. E prima ancora che qualcuno si accorgesse che i pazienti ne abusavano e ne erano dipendenti, il problema era già sfuggito al controllo di medici ed esperti. Alcuni dati schematici riassumo il quadro generale del problema: tra il 21 e il 29% dei pazienti a cui vengono prescritti oppioidi per il dolore cronico li usano scorrettamente; circa il 10% sviluppa un disturbo dovuto all’utilizzo di questi farmaci; le overdose da oppioidi sono aumentate del 30% dal luglio 2016 al settembre 2017, percentuale che sale al 70% nel Midwest; nelle grandi città di sedici diversi stati americani, le overdose da oppioidi sono aumentate del 54%.

Questi numeri giustificano il trattamento del problema come una vera e propria “crisi” dalle conseguenze devastanti. Lo Stato sta intervenendo, con l’aiuto della scienza, per delineare possibili soluzioni alla questione. Le priorità del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti sono cinque, come riportate dall’Istituto Nazionale sull’Abuso di Droghe: 1) migliorare l’accesso ai servizi di trattamento e recupero, 2) promuovere l’uso di farmaci che annullano il sovradosaggio, 3) rafforzare la comprensione dell’epidemia attraverso una migliore sorveglianza della sanità pubblica, 4) sostegno alla ricerca sul dolore e la dipendenza, e 5) migliorare le pratiche per la gestione del dolore.

Allo stesso tempo, l’Istituto Nazionale della Salute, che ingloba l’Istituto Nazionale sull’Abuso di Droghe ed è una branca del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti, è in prima linea per trovare nuovi modi per prevenire l’uso e l’abuso di oppioidi. Nel 2017 l’Istituto Nazionale della Salute ha aperto un tavolo di discussione con le compagnie farmaceutiche e con i centri di ricerca accademici per parlare di 1) strategie sicure ed efficaci per gestire il dolore cronico, senza ricorrere a sostanze che creino dipendenza, 2) nuovi farmaci innovativi e tecnologie per trattare i disturbi dovuti all’utilizzo di oppioidi, e 3) maggiori sforzi nel prevenire morti da overdose e interventi per favorire un recupero e salvare vite.

 

Di A.C.

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