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Intervista a Totti e al suo nuovo ruolo da Scout in cerca di talenti

Francesco Totti ha rilasciato un’intervista per #CasaSkySport, parlando un po’ di tutti i temi.

GLI AZZURRI

Il viaggio dei ricordi, inizia con il messaggio di Marcello Lippi (“Il calcio ti aspetta, deciditi a tornare” )e il Mondiale 2016. “Il 19 febbraio 2006 mi fratturai perone e legamenti, Mariani mi disse che era un infortunio da 7-8-9 mesi di stop, ma che con la mia volontà avrei potuto essere al Mondiale. All’inizio non ci credevo, poi la visita del mister mi trasmise amore e voglia di farcela. Sapevo che sarebbe stata la mia ultima avventura in azzurro, avevo già deciso di smettere a causa dei problemi con la schiena. Dovevo decidere: o la Roma che era la mia vita o la Naziobnale, decisi di rinunciare a questa. E grazie a Lippi ed ai compagni sono riuscito a vincere la cosa più bella da vincere per un professionista”. Insieme ad un amico come Alex Del Piero. I due spesso sono stati messi uno di fronte all’altro. Sul campo, però, perché fuori c’era grande amicizia. “Si è sempre parlato di dualismo tra di noi, ma siamo simili, ci siamo sempre capiti e aiutati. Abbiamo un grande rapporto che nessuno ci toglierà mai”. E per trovarne di simili? “Trovare un altro numero dieci che ti faccia divertire e che cambi le partite come facevamo noi non sarà facile. Bisogna tornare alle origini, puntare tanto sui nostri settori giovanili e non cercare all’estero quei nomi che tanto non ti cambiano i campionati. Io ho lanciato questa agenzia di scouting, poi il coronavirus ci ha fermati. Ma troverò un altro Totti e lo crescerò come hanno cresciuto me”.

LA ROMA

E forse è anche per questo che è rimasta un’amicizia speciale con Giannini. Da capitano a capitano (“A 16 anni mi ha dato tanti consiglio, lui e suo papà Ermenegildo mi hanno fatto capire cosa fosse il calcio professionistico”), un po’ come con De Rossi: “Rispetto la sua scelta di chiudere al Boca, anche io a fine carriera ho avuto delle opportunità: America, Emirati Arabi, Italia. Volevo continuare, poi mi sono detto: un anno o due in più in campo non mi cambia niente, uno o due in più lontano dalla Roma mi cambia invece tutto. La Sampdoria mi voleva a tutti i costi, Ferrero avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarmi lì”. Proprio quella Samp dove ha rischiato di andare nel 1997. “Non ci fosse stato quel torneo Città di Roma, la settimana dopo avrei firmato per la Samp in prestito. E chissà dove sarei andato dopo, di certo non sarei più tornato a Roma”. Ed invece con la Roma ci è rimasto per 25 lunghi anni, fino al giorno dell’addio: “Ancora oggi è come se questi tre anni non fossero mai passati. Quel giorno è indimenticabile, speravo non arrivasse mai. Sinceramente, quando ho fatto la passerella finale alcune persone neanche le avrei salutate, ma per quello che c’era nello stadio era giusto mettere tutto da parte. L’amore che mi ha dato la gente quel giorno è stato qualcosa di impensabile, mai avrei pensato di ricevere tanto”. E tra quelle persone lì c’è anche Luciano Spalletti, ma non solo. “Ho vissuto due Spalletti diversi: il primo era top, come un secondo padre. Il secondo è stato forse influenzato da qualcun altro. Non dico per mettermi il bastone tra le ruote, ma qualcosa non è andato nel migliore dei modi”. Poi Totti sceglie la sua partita del cuore: “Roma-Parma, è valsa lo scudetto. Anche se la vittoria nel derby per 5-1 mi ha permesso di fare la dedica a Ilary, non avessi segnato magari non l’avrei neanche mai sposata /e ride, ndr). E poi il 4-0 alla Juventus e il gol a San Siro, contro l’Inter. Già, San Siro, la Scala del calcio. Dopo l’Olimpico lo stadio che mi ha sempre dato più emozioni. E dove contro Inter e Milan ho segnato tanti gol e giocato partite molto belle”.

IL DERBY E FONSECA

Poi la mente torna a un altro gol meraviglioso, quella doppietta contro la Lazio ed il selfie con la curva. “Era un derby perso, poi siamo entrati con la cattiveria giusta. Il secondo gol è stato difficile, per tre settimane sono stato con una protrusione per lo sforzo atletico”. E ora, con questa Lazio, i pericolo sono sempre dietro l’angolo. “Il mio rivale storico è sempre stato Nesta, perché lui rappresentava per la Lazio ciò che io ero per la Roma. Ma fuori dal campo siamo sempre stati amici. Oggi ho un bel rapporto con Simone Inzaghi, per me uno dei migliori allenatori italiani. Avesse allenato un’altra squadra, sarei anche contento che il campionato ripartisse. Da romanista, invece, spero che la Lazio abbia un blackout il prima possibile”. Chiusura sulla Roma attuale: “Una Roma che vive di alti e bassi, purtroppo siamo abituati a questi problemi. Fonseca invece è un grandissimo allenatore, che sta capendo Roma e il calcio italiano, una persona di cui tutti mi parlano bene, ad iniziare dai giocatori. Con alcuni innesti precisi della società e voluti dal mister, il prossimo anno possiamo fare un grande campionato”. Possiamo? “Sì, possiamo. Perché io resterò sempre della Roma. Anche se sono fuori Trigoria, il mio cuore sarà sempre lì dentro”. E chissà che un giorno oltre al cuore, non possa tornarci anche lui a Trigoria.

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