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In calo i reati di odio, 3 su 4 di matrice razzista

Rispetto al 2018, nel 2019 sono diminuiti i reati di matrice discriminatoria anche se 3 su 4 hanno avuto a che fare con la razza. E’ quanto emerge dai dati dell’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori.Nel 2019, dicono i dati, si sono registrati 969 reati, 2,6 al giorno, uno ogni 9 ore, a fronte dei 1.111 del 2018. Gli hate crimes che hanno a che fare con la razza sono 726. Per il ministro dell’Interno Lamorgese “non è più accettabile che ci siano episodi di violenza verso il diverso, che prendono di mira la razza, il colore della pelle, l’orientamento sessuale”. Il compito delle istituzioni e della politica “è rendere il paese più inclusivo” e porre un freno alla “contrapposizioni”.

I numeri certificano anche un aumento delle aggressioni fisiche a scopo razzista e xenofobo, che salgono da 88 a 93. Il monitoraggio dei reati, dice l’Osservatorio, sconta però due grossi problemi: la mancanza di denunce – il cosiddetto ‘under reporting’ – che determina una sottostima del fenomeno, e il mancato riconoscimento della matrice discriminatoria da parte delle forze di polizia e degli altri attori del sistema della giustizia penale, tecnicamente detto ‘under-recording’. Stando ai numeri, che per quanto riguarda il 2019 non sono ancora consolidati, si sono registrati 726 hate crimes riconducibili a razza, etnia, nazionalità e religione; 82 hanno invece riguardato l’orientamento sessuale e l’identità di genere e 161 la disabilità. I 969 reati registrati rappresentano una diminuzione anche rispetto al 2017 – quando si registrarono 1.048 reati – ma restano comunque più alti in confronto ai 736 conteggiati nel 2016. Andando poi ad analizzare le varie tipologie di reato, emerge che il calo riguarda nel complesso le aggressioni fisiche (da 205 a 191), i furti e le rapine (da 112 a 72), i danni materiali (da 85 a 67), le profanazioni di tombe (da 188 a 147), gli attacchi contro i luoghi di culto (da 50 a 0), le minacce e i comportamenti minacciosi (da 142 a 99). Aumentano, invece, gli incitamenti alla violenza, passati da 232 a 251, le turbative della quiete pubblica (da 61 a 96) e gli atti di vandalismo (da 15 a 28).

Se però l’analisi si sposta sui motivi del reato, i dati dicono che se è vero che diminuiscono le aggressioni fisiche legate all’orientamento sessuale e all’orientamento di genere (da 43 a 29) e quelle per la disabilità (da 74 a 69), è altrettanto vero che aumentano le violenze che hanno a che fare con razza, colore della pelle, etnia, nazionalità, religione: dalle 88 del 2018 si è passati alle 93 dell’anno scorso. Un numero inferiore a quello del 2017 (quando sono state 119) ma superiore al 2016 (furono 28). E sul fronte del razzismo e della xenofobia crescono anche gli incitamenti alla violenza, passati da 220 episodi a 234, le turbative della quiete pubblica (da 49 a 91) e gli atti di vandalismo (da 5 a 10). Tra i reati che hanno a che fare con l’orientamento sessuale, ad aumentare sono invece gli incitamenti alla violenza (da 5 a 12) e gli atti di vandalismo (da 3 a 18).

Per porre un freno al linguaggio di odio, ai “troppi episodi” di violenza verbale, è necessario un maggiore controllo della rete. Lo chiede il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese intervenendo al convegno “Le vittime dell’odio”. “Il monitoraggio dell’Oscad riguarda anche il web e credo – sottolinea il titolare del Viminale – che sia fondamentale mantenere la libertà di espressione. Ma c’è anche l’esigenza di un controllo affinchè, ad esempio, non si ripetano più casi come quello di Carolina Picchio”. Compito delle istituzioni, aggiunge Lamorgese, “abbiamo il dovere morale di lavorarci e la chiave è la prevenzione, che può fare molto. Anche perché intervenire per reprimere significa che qualcosa non ha funzionato”

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