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In arrivo il decreto liquidità, Conte tratta per sciogliere i nodi

 

Nel governo si tratta fino all’ultimo miglio in vista del Consiglio dei ministri chiamato a varare, nelle prossime ore, l’atteso decreto liquidità. La trattativa resta delicata e al centro delle tensioni interne alla maggioranza non c’è solo la quota di garanzia statale da assicurare per i prestiti bancari alle imprese ma, soprattutto, il ruolo di Cassa Depositi Prestiti. In mattinata il premier Giuseppe Conte convoca il titolare del Mef Roberto Gualtieri e l’ad di Cdp Fabrizio Palermo. In serata il governo sembra avvicinarsi ad una quadra.

Ma il Cdm previsto per oggi alle 11:30 non è ancora ufficialmente convocato. Il rischio è di un ulteriore slittamento, magari di una manciata d’ore.

Al Cdm, oltre al decreto liquidità, sono attesi il decreto scuola e il provvedimento per l’estensione del golden power. Nel dl liquidità sarà inserita una ulteriore sospensione delle scadenze fiscali. Ma è il tema delle garanzie ai prestiti alle aziende a tenere banco. Il confine tra la necessità di erogare denaro fresco in tempi rapidi e le opportune verifiche della solvibilità di chi chiede il prestito è più che mai labile, nell’era del coronavirus. “La garanzia statale sia al 100% per prestare a aziende e partite Iva somme pari al 25% del fatturato 2019”, insiste il leader di Iv Matteo Renzi. Ma in serata il titolare del Mise Stefano Patuanelli illustra un dl parzialmente diverso.

La dotazione del Fondo di Garanzia per le Pmi salirà a 7 miliardi, con la capacità di generare liquidità fino a 100 mld. La garanzia al 100%, senza valutazione del credito, è per i prestiti fino a 25mila. Per i prestiti fino a 800mila euro la garanzia è al 100% ma con una valutazione della solvibilità. “La garanzia sarà al 90% per i prestiti fino a 5 mln di euro, potendo arrivare al 100% con la controgaranzia dei Confidi e con una valutazione che tiene conto solo della situazione pre-crisi Covid-19”, spiega Patuanelli. Sui prestiti alle grandi aziende nel Mef si continua a spingere fino all’ultimo affinché lo Stato dia garanzie attraverso Sace, scorporando quest’ultima da Cdp e facendola acquisire direttamente dal Mef. Ma il M5S tiene il punto. “Così si snatura totalmente Cdp, e quindi il sistema”, sottolinea una fonte qualificata M5S.

In tarda serata arriva uno schema d’intesa: ad immettere garanzie nei prestiti alle grandi aziende – e occuparsi della valutazioni di solvibilità – sarà Sace che, tuttavia resterà una controllata di Cdp. Conte, dopo il dl liquidità, si concentrerà sulle riaperture e cresce l’ipotesi di una cabina di regia che comprenda un numero ridotto (3, si fa come esempio) di governatori e sindaci, oltre ai rappresentanti delle parti sociali e del comitato scientifico. Un modo, spiega un ministro Pd, anche per includere le opposizioni visto che i governatori del Nord sono tutti appannaggio del centrodestra (e nella maggioranza si pensa a Luca Zaia). La cabina di regia sarà attiva anche sul decreto aprile, che seguirà al dl liquidità. Decreti sui quali nel pomeriggio tornano a vedersi governo (con i ministri D’Inca’ e Gualtieri) e Lega, Fi, Fdi e Cambiamo con Toti. Gli emendamento delle opposizioni che saranno assorbiti nel dl Cura Italia saranno pochi ma gli ordini del giorno in Aula potrebbero essere trasformati in proposte da inserire nel dl aprile, per il quale sarà necessario nuovo deficit.

Prima, però, a Palazzo Chigi e al Mef si guarda alla direzione che prenderà l’Ue. La battaglia dell’Italia sugli eurobond – in una formula che li leghi esclusivamente alla crisi coronavirus – sarà condotta fino alla fine. E senza un’apertura dei falchi difficilmente all’Eurogruppo di martedì Roma accetterà l’utilizzo del Mes, anche nella sua versione “light”.

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