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Il candidato di Macron vittima di sexting rinuncia alla corsa per Parigi

Macron perde il candidato, e forse la Capitale. Vittima di uno scandalo sessuale, Benjamin Griveaux rinuncia alla corsa.

Nell’immaginario comune il fenomeno del sexting appartiene al mondo dei giovani e della tecnologia, delle imprudenze figlie di un’indole inesperta che porta a diffondere contenuti sessuali online, alla mercé di persone che non si conoscono abbastanza. È una delle mille sfaccettature del cyberbullismo che sta mettendo alla prova le giovani generazioni. Ma nella trappola questa volta è caduto un adulto, e non uno qualsiasi, ma il candidato sindaco di Parigi del partito di Emmanuel Macron.

La vittima è Benjamin Griveaux, fedelissmo di Macron che puntava a essere primo cittadino della Capitale francese, ma ha dovuto rinunciare dopo la pubblicazione di una chat tra lui e una donna, contenente foto e video intimi. Sposato e padre di tre figli, 42 anni, ex collaboratore di Dominique Strauss-Kahn, già consigliere del ministro della sanità del governo Hollande nel 2012 e più di recente portavoce del partito di Emmanuel Macron En Marche!. Ma nelle ultime ore è diventato virale sui social dopo che sul sito pornopolitique.com è comparso uno scambio di messaggi con una donna, tra i quali comparivano anche due video in cui Griveaux si masturba. Ma a fare scalpore sono state anche le frasi scritte, in cui il candidato chiedeva all’interlocutrice se “ha una famiglia o non è ancora prigioniera dei figli?”.

Non ha potuto fare altro che abbandonare la corsa elettorale, in cui comunque non stava brillando. A solo un mese dal voto, i sondaggi lo davano appena terzo. Ha deciso di rinunciare alla sfida per difendere la sua famiglia, la situazione era diventata insostenibile: “La mia famiglia non lo merita, nessuno dovrebbe essere sottoposto a tale violenza”, ha detto. Inoltre la sua campagna elettorale ruotava spesso attorno alla tutela della famiglia e al benessere dei bambini, perciò l’accostamento matrimonio-prigione ha gettato su di lui accuse di ipocrisia.

Pjotr Pavlenskij

Il bullo di questa storia è Pjotr Pavlenskij, attivista, rifugiato politico russo in Francia dal 2017 che ha già fatto parlare di sé per i suoi gesti estremi. Per denunciare il regime russo, aveva incendiato la sede moscovita dell’ex Kgb, si era cucito le labbra a sostegno delle Pussy Riot, si era tagliato un lembo d’orecchio per denunciare le violenze psichiatriche e si era inchiodato lo scroto sul pavé della Piazza Rossa. È stato lui a rivendicare la pubblicazione dei contenuti pornografici che vedono coinvolto Benjamin Griveaux, raccontando di averli ricevuti da una donna russa e di averli diffusi per denunciare le bugie del candidato agli elettori. Ora Pavlenskij rischia due anni di carcere e fino a 60mila euro di multa, ma non è il solo. La legge prevede infatti che anche chi ha contribuito alla diffusione dei contenuti possa essere soggetto alle stesse pene.

Sono state espresse parole di solidarietà dagli altri candidati sindaco, che d’ora in poi potranno contare su una presenza ancora più debole del partito macroniano. Anne Hidalgo, sindaco uscente e in vetta ai sondaggi, da sinistra fa un appello al rispetto della vita privata delle persone, e ricorda che i parigini meritano un dibattito rispettoso. Un comunicato simile arriva anche dalla candidata di destra Rachida Dati, ex ministro della Giustizia del governo Sarkozy e seconda nei sondaggi.

Di A.C.

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