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Gravidanza indesiderata: no al risarcimento per l’uomo “incastrato”

«Mi ha incastrato!» è una delle frasi più diffuse tra gli uomini che vivono come una violenza il concepimento di un figlio da parte della loro partner sessuale. Una frase sconveniente, finita davanti ai giudici della Cassazione, che si è trovata a dover risolvere un caso di gravidanza indesiderata dall’uomo che non ha preso precauzioni, sentendosi rassicurato dalla dichiarazione di lei di non essere fertile in quel momento.

La Corte di Cassazione, pronunciandosi in merito nella sentenza n.10906 del 5 maggio 2017, ha negato il diritto al risarcimento del danno in favore dell’uomo, poiché si potrebbero individuare gli estremi del reato di violenza privata qualora vi fosse stata una violenza o minaccia, ma a tal fine non è possibile prendere in considerazioni le dichiarazioni della donna.

L’uomo, nel corso della vicenda giudiziaria, ha affermato la sua fidanzata aveva dichiarato di non essere fertile quel giorno, essendo l’ultimo del ciclo mestruale. In questo modo ha cercato di far valere le proprie ragioni, lamentando un raggiro da parte dell’allora fidanzata, che desiderava un figlio. Le richieste dell’uomo sono state rigettate sia in primo che in secondo grado. Anche i giudici della Corte di Cassazione hanno respinto la richiesta di risarcimento del danno, affermando che l’uomo avrebbe dovuto escludere ogni pericolo prendendo comunque delle precauzioni. Inoltre, il rapporto sessuale non è assimilabile a un contratto.

I giudici della Corte di cassazione hanno comunque sottolineato che «l’obbligo del partner di rispettare la volontà della persona con cui intende compiere un atto sessuale completo si rinviene, invece, nell’ambito penale, come tutela però della libertà sessuale (articoli 609 bis e ss. c.p.), e non della fertilità o infertilità dell’atto sessuale come scelta che l’uno possa imporre all’altro. Potrebbe sotto questo profilo semmai integrarsi, se uno degli esecutori dell’atto sessuale ha costretto l’altro ad adottare o a non adottare mezzi che incidono su tale potenzialità procreativa, il reato di violenza privata (articolo 610 c.p.c.) che, peraltro, si commette appunto “con violenza o minaccia”, ovvero costrizione, e non con una eventuale menzogna. E il reato che, aggiungendo come già si è detto nelle argomentazioni del motivo all’illecito civile pure l’ipotesi dell’illecito penale, il ricorrente ha poi invocato, cioè l’articolo 640 c.p., è reato contro il patrimonio: ma l’acquisizione di una paternità indesiderata non è riconducibile alla fattispecie di cui all’articolo 640 c.p., dato che questo prevede come conseguenza dell’inganno il fatto che chi delinque “procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”».

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