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Governo, Di Maio non molla ma è sempre più solo

 

Dicono che persino Davide Casaleggio non ne possa più. Un po’ come Grillo, anche se le visioni sono diametralmente opposte. La proposta di Dario Franceschini, raccolta e fatta propria da Nicola Zingaretti, di azzerare gli appetiti sulle poltrone da vicepremier ha spiazzato, in modo assoluto, Di Maio e i suoi uomini, ormai asserragliati in un bunker dal quale sembra sempre più difficile uscire. Si riflette, in questi momenti, sulla possibilità di far pressione su Conte, in modo che sia lui a chiedere di avere due vicepremier, ricalcando lo schema che ha contraddistinto il governo gialloverde, oppure che siano i gruppi parlamentari, in una sorta di sforzo corale, a esigere che il loro leader resti a Palazzo Chigi in un ruolo di garanzia per tutto il Movimento. Peccato che entrambe le strade non siano percorribili: né Conte, infatti, né i gruppi, ormai saldamente intenzionati a un accordo con il Pd anche senza la figura di Di Maio all’orizzonte, vogliono combattere in nome di un leader che non ha mai cercato il dialogo, ma che – anzi – ha sempre lavorato con un gruppo ristretto di persone, in barba ad ogni richiesta di trasparenza interna.

Una solitudine, quella di Di Maio, che ieri pomeriggio è sembrata palpabile dai messaggi contraddittori che arrivavano dal suo stretto entourage sulla risposta da dare al Pd sull’azzeramento dei vicepremier; un vero e proprio psicodramma che si è concluso in un inquietante silenzio. Qualcuno, nello stretto entourage del capo grillino, ha fatto trapelare che in assenza della poltrona da vicepremier, Di Maio potrebbe chiedere di restare allo Sviluppo economico, dove tuttavia Casaleggio vedrebbe bene Laura Castelli, ormai viceministra all’Economia.

Ma la questione scacchiera di governo è un problema considerato addirittura secondario, vista la tensione che regna. “È chiaro che Luigi – ragiona un esponente di primo piano dei 5 Stelle – se perde la premiership perde tutto; e chi lo riconoscerebbe più, dopo, come leader del Movimento?”. Un sentimento, questo, che si riscontra anche nella base, dove in queste ore sta salendo il pressing sul leader; nelle chat interne c’è chi chiede al capo politico di fare un passo indietro e di rinunciare al ruolo di numero due di Giuseppe Conte. I messaggi spaziano dall’irritazione all’insofferenza.

“Se hai incaricato Conte, lo lasci lavorare e non lo indebolisci così. Ha ragione chi pensa che vogliano sabotare tutto per i propri interessi personali”, attacca un eletto riferendosi a Di Maio e al suo cerchio magico. L’unico, in queste ore, a difendere a spada tratta di Maio è Gianluigi Paragone, il senatore che ha già detto di voler lasciare lo scranno qualora il Conte bis vada a buon fine. “Luigi non piace al Pd perché sta difendendo quello che di buono avevamo fatto nel precedente governo – diceva ieri Paragone -. Di Maio deve rimanere centrale anche a Chigi (e lo dice uno che con Luigi ha fatto anche sane litigate)”. Parole che gli uomini della comunicazione di Di Maio hanno rilanciato.

Il tutto mentre l’intero governo resta appeso alla variabile del voto su Rousseau che qualcuno, vicino a Di Maio, vorrebbe addirittura utilizzare come arma finale contro Conte e il Pd se Luigi non riuscisse a portare a casa la sua poltrona. E domani il popolo grillino sarà chiamato a esprimere un giudizione sul governo giallorosso. Potranno votare, dalle 9 alle 18 sulla piattaforma Rousseau, gli iscritti all’M5s da almeno sei mesi, con documento certificato.
Ecco il quesito: “Sei d’accordo che il Movimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?”.

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