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Gli americani del socialismo

Nella terra della liberta sta nascendo una corrente illiberale, fondamentalmente totalitaria, all’interno del partito democratico: una sorta di socialismo americano.

I prossimi anni saranno anni difficili per gli Stati Uniti, con nuovi rischi per la loro stabilità sia politica sia economica. Nella terra della liberta sta nascendo una corrente illiberale, fondamentalmente totalitaria, all’interno del partito democratico: una sorta di socialismo americano. Il tribalismo politico che affligge gli Stati Uniti non è di certo un fenomeno isolato. È indubbiamente prodotto in parte dal presidente Trump, che viene contrastato dai democratici in un continuo gioco di escalation. La querelle tra il Presidente e i democratici non è altro che lo strascico di un vecchio odio che culmina nella figura di Maxine Waters, congresswoman democratica della California. La congresswoman ha aperto il conflitto questa settimana chiedendo ai suoi sostenitori di aggredire qualsiasi membro dell’amministrazione, “ai bar, dal benzinaio, quando fanno la spesa, ovunque.. fategli capire che non sono benvenuti né accetti.”

Molti si ricorderanno il movimento di Bernie Sanders, una forza politica non indifferente nell’arena politica del 2016. Hillary Clinton lo definiva una minaccia socialista all’interno del partito, dando a lei la cosiddetta “colpa di essere capitalista”. Questa dichiarazione, pur sembrando insignificante per molti, è un segnale iniziale di una realtà sempre più evidente. Il partito democratico sta dando vita ad una nuova svolta ideologica, decisamente più a sinistra, epitomata nella piccola ma importante campagna politica della giovane socialista Alexandria Ocasio-Cortez, che ha da poco vinto le primarie democratiche dello stato del New York, sconfiggendo l’incombente Joseph Crowley. Non risulta quindi sorprendente il crescente sostegno per le politiche socialiste all’interno in un partito che per il 59% dichiara di essere disposto ad eleggere un socialista. In un recente studio condotto da YouGov, solo il 37% dei democratici ha una visione positiva del capitalismo, il 49% dando preferenza al socialismo.

Da sempre temuto, ma forse mai compreso fino in fondo, il pensiero socialista a stelle e strisce non nasce dai conflitti di casta. Di certo esistono le disuguaglianze, ma il socialismo di Cortez è il prodotto propagandistico di un partito incapace di integrare una politica più moderata come quella di Bill Clinton, con la visione di uno stato sempre più garante della sinistra di Obama. La sinistra americana si sta dimenticando le sue origini, fomentando una sofisticata ingratitudine verso il proprio sistema paese e i suoi ideali. I successi della sinistra americana sono stati garantiti dalla moderazione, che ora sembra essere quasi impossibile per un partito sempre più radicalizzato ed anticapitalista. Non è più il partito di Bill Clinton, Henry Jackson e Kennedy, ma è il partito degli antifascisti, dei cortei universitari; sostanzialmente dei Democratic Socialists of America (DSA).

In che cosa consiste la svolta ideologica spinta dai DSA? Cortez, in primis, promuove l’idea di un job guarantee, ossia il lavoro federale garantito per tutti i cittadini con un salario minimo di $15, raddoppiando il salario minimo attuale. Spingendo ogni (il)logica keynesiana al proprio estremo, il socialismo di Cortez rappresenta una svolta ideologica senza precedenti. Da socialista fieramente dichiarata, Cortez propone un piano marshall per il Puerto Rico, la sanità pubblica nazionale (molto di più di un semplice Affordable Care Act) e la reintroduzione della legge finanziaria Glass-Stegall, introdotta nel 1933 per regolare le banche commerciali e di investimento, una proposta che lo stesso Bill Clinton definì ‘inappropriata’ nel 1999. Insomma, per Cortez, gli USA hanno bisogno di un ritorno ad un’era di maggior regolamentazione finanziaria, accompagnata da un aumento significativo dell’intervento statale.

La reazione

Forse per force majeure, il socialismo americano inizia a diventare una forza più che legittimata, dove in una nazione tradizionalmente scettica dell’intervento federale, le idee di Cortez godono di un sostegno senza precedenti. Per i democratici clintoniani rimane una spina nel fianco, per i repubblicani una vera e propria minaccia.

Ho avuto occasione di parlare della minaccia con il senatore repubblicano del Texas, Ted Cruz alla fine di una patriottica parata questo quattro di luglio in una piccola cittadina poco fuori Dallas. Colpito dalla cosiddetta ascesa della corrente socialista, ho chiesto al senatore cosa ne pensasse. La sua risposta fu semplice, quanto la domanda. Per porre un freno al socialismo è fondamentale l’istruzione, l’insegnamento e l’educazione ai disastri della politica socialista dell’ultimo secolo. Dalla spesa pubblica senza limite alla restrizione dei diritti civili, il senatore ha parlato di un’ideologia distruttiva, preoccupante e minacciante per la cultura politica americana. Da convinto esponente del tea party repubblicano, Cruz ѐ stato un fervente oppositore dell’Obamacare portando al cosiddetto government shutdown del 2013.

Nelle parole del senatore “bisogna espandere l’amore per la libertà” ma dopo 242 anni dallo spirit of ‘76, sembra quasi un ossimoro dover difendere l’amore per la libertà in una nazione, fin dalle sue radici costituzionali, è incompatibile con il credo socialista. Questi cambiamenti di ideologia determineranno in maniera cruciale i prossimi anni degli Stati Uniti, sempre più divisi e spinti all’estremo.

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