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Furbetti degli esami, l’inchiesta si allarga al sistema informatico

 

Una sui furbetti degli esami del sangue e una sul sistema informatico. Sono diventate due le inchieste sullo scandalo del San Martino che vede 2.300 indagati di cui 850 dipendenti. Oltre a questo fronte (58 mila esami sottobanco tra il 2015 e il 2016 senza il pagamento del ticket) su cui indagano da ormai due anni i carabinieri del Nas, ce n’è un altro affidato dal pubblico ministero Cristina Camaiori alla polizia postale.

L’obiettivo è, dopo tutto quello che è successo, cercare di stabilire il livello di sicurezza del software che consente a tutti i reparti dell’ospedale di richiedere test del sangue (più o meno urgenti) al laboratorio centrale del Monoblocco.

Da mercoledì mattina due ispettori della polizia postale sono in pianta stabile al San Martino. Hanno una stanza a disposizione e da due computer controllano come è organizzato, gestito e protetto il sistema informatico di uno dei più grandi ospedali d’Europa. Proveranno a stabilire se, davvero, come sostengono molti dipendenti per difendersi dalle accuse, il grado di sicurezza è bassissimo. Le indagini dei carabinieri del Nas hanno evidenziato che l’andazzo dei dipendenti andava avanti da anni e che, comunque, i filtri erano molto limitati. Era un gioco da bambini richiedere un esame, utilizzando nomi di morti e ricoverati all’oscuro di tutto o dimessi dall’ospedale un mese prima del test.

Il nuovo filone d’indagine è scattato dopo la denuncia di un medico alla direzione sanitaria e la segnalazione (attraverso l’avvocato Antonio Rubino) al procuratore capo Francesco Cozzi e al pubblico ministero Cristina Camaiori. «Il medico – scrive il legale del San Martino alla procura – segnala l’esistenza di vulnerabilità nell’applicativo aziendale denominato “Laboweb”, tali da consentire l’accesso al sistema senza l’inserimento di credenziali.

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