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FRANCESCO DE GREGORI A VANITY FAIR: «LA VOLTA IN CUI CHIESI SCUSA A GIANNI MORANDI»

Milano – «Sono permaloso, sì, e non tanto autoironico. Quando riesco a esserlo mi compiaccio con me stesso». Francesco De Gregori ci riesce sicuramente nell’intervista a Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in edicola da mercoledì 3 luglio. Nella conversazione con Malcom Pagani, vicedirettore del settimanale, il cantautore, che è alle prese con il suo grande tour estivo, racconta come gli anni (ne ha 68) lo hanno cambiato: «Ora sventolo la mia stupidità, la stupidità che abbiamo tutti, senza farmi tanti problemi e quell’ansia di sembrare intelligente e colto a ogni costo proprio non mi riguarda più. Tendo a trattare le cose con più leggerezza di ieri e se qualcuno mi cita un autore che non ho mai sentito nominare domando soltanto: “Scusa, chi?”».

Nostalgia dei vent’anni? «Dal punto di vista della prestanza fisica e dell’agilità, certo che ce l’ho. Adesso prima di chinarmi a raccogliere le chiavi di scatto ci penso due volte e se devo fare una corsa per salire sull’autobus preferisco non prenderlo. Il meccanismo perde colpi, ma so che è così per tutti e non ci rimugino sopra. In cambio ho altre cose: una lucidità diversa, una pacatezza nei confronti del mondo, un’inclinazione al perdono verso me stesso e verso gli altri, una capacità di mediazione che da ragazzo non avevo. (…) Quando litigavo pensavo di aver ragione, certo, ma se uno si scusava con me apprezzavo l’onestà dell’interlocutore. Ma è successo raramente. È accaduto piuttosto il contrario, e cioè che abbia chiesto scusa io. Avvenne con Morandi. Era un periodo in cui Gianni – che poi riuscì perfettamente nell’impresa – stava cercando di riemergere dopo un periodo difficile. Un momento delicato in un processo di rinnovamento, e io gli feci una carognata».

La «carognata», spiega De Gregori a Vanity Fair, fu scatenata dalla decisione di Gianni Morandi di mettere in un suo disco Buonanotte fiorellino senza chiedergli il permesso. «Aveva preso la mia canzone più famosa e dal mio punto di vista l’aveva stravolta tagliando una strofa e rendendola quel che non avevo mai desiderato diventasse: una canzone zuccherosa. La faceva cominciare con “Buonanotte, buonanotte fiorellino” invece che con “Buonanotte, buonanotte amore mio”. Lei mi dirà che non c’è differenza, ma per me che l’avevo scritta la differenza c’era eccome. Sta di fatto che andammo in tribunale e un giudice inopinatamente mi diede ragione bloccandogli il disco e creandogli un danno psicologico e tecnico (…) Ci siamo guardati a lungo in cagnesco. Poi, anni dopo, ci siamo incontrati a una riunione o a una festa, lo vidi da solo al tavolo, mi alzai e andai a salutarlo: “Gianni, scusami, quella volta ho fatto una cazzata ma oggi non la farei più”».

Nell’intervista, il cantautore spiega con altrettanta franchezza il retroscena dell’aneddoto di lui e Claudio Baglioni che si fingono chitarristi di strada a Trastevere. «Nei confronti di molti colleghi, prima di conoscerli personalmente, ho avuto antipatie forti, del tutto irrazionali. Magari mi imbattevo in una dichiarazione su un giornale e mi facevo dell’altro un’idea sbagliata senza considerare che chiunque avrebbe potuto fare lo stesso con me leggendo una mia intervista. Il più spiritoso di tutti fu Baglioni. Dopo essersi visto maltrattare su un giornale venne col quotidiano sotto braccio sotto le finestre della mia prima casa a Trastevere per affrontarmi: “Francesco, ma che hai detto?”, “No Claudio, ma sai, c’è un equivoco”. Finimmo a ridere, fu molto simpatico. Andammo a mangiare, bevemmo di tutto, ci ubriacammo e ci dicemmo “andiamo a fare un po’ gli scemi e vediamo quanta gente si ferma ad ascoltarci”. Non si fermò nessuno. “Francesco se la prese”, disse poi lui ma non era vero, quello famoso era Claudio, al limite, a indispettirsi nel non essere riconosciuto fu lui».

Le donne, dice De Gregori a Vanity Fair, sono «una metà del mondo che per me resta misteriosa, inascoltabile e non svelabile. Io sono della scuola di Elisa e Ligabue: “Quante cose che non sai di me/ Quante cose che non puoi sapere/ Quante cose da portare nel viaggio insieme”». Anche nelle amicizie maschili, spiega, crede nell’importanza di non conoscersi così a fondo: «Se qualcuno mi piace molto non ci passo le ore al telefono scavando al solo scopo di farmelo piacere di più».

Proprio all’amicizia, racconta il cantautore nell’intervista, è legata una sua clamorosa bugia: l’annuncio del ritiro dalle scene nel 1977, dopo una durissima contestazione da parte degli autonomi al Palalido di Milano. «Io e mia moglie Chicca eravamo amici di Gianni Pennacchi, il fratello di Antonio, lo scrittore. L’idea di annunciare al mondo il mio ritiro nacque dal desiderio di fargli un piacere. Gianni faceva un praticantato alla Stampa e venne a parlarmi: “France’ me devi da’ una mano, non mi pubblicano niente. Facciamo una cosa che c’ho solo io, famo il botto”. “Sai Gianni”, risposi, “è successa questa cosa del Palalido e io non ne ho mai voluto parlare, ti rilascio un’intervista bomba in cui dico che mi ritiro dalle scene”, e dissi quella cosa del ritiro, strumentalmente, per dare a Gianni una possibilità. Andò bene e lo assunsero. Pensi che questa storia non l’avevo mai raccontata».

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