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Fioramonti ha mantenuto la parola: lettera di dimissioni consegnata a Conte

“O tre miliardi a scuola e università o mi dimetto”, è stato l’ultimatum del Ministro dell’Istruzione Fioramonti da quando si è cominciato a parlare di Manovra. E quella cifra non è stata raggiunta.

L’aveva detto e l’ha fatto. Il Ministro Fioramonti si è dimesso, mentre l’Italia era a tavola per il cenone di Natale. La notizia aleggiava da giorni tra le stanze di Palazzo Chigi, ma la conferma è arrivata solo in tarda serata. Giusto in tempo per il brindisi. La verità è che il Ministro era stato chiaro fin da subito, fin da quando si è cominciato a parlare di manovra. Voleva tre miliardi per la scuola, l’università e la ricerca, anche a costo di mantenere inalterato l’aumento dell’IVA – così avrebbe scritto a Conte – o di introdurre una “sugar tax”, la tassa sullo zucchero. Due giorni dopo l’approvazione della legge di Bilancio, il Ministro ha mantenuto la parola, visto che i tre miliardi non sono arrivati. L’esponente pentastellato non volterà le spalle al governo, anzi sembra deciso a creare un gruppo parlamentare autonomo filogovernativo, probabilmente embrione di un nuovo soggetto politico, con altri 5s intenzionati a seguirlo. Forse una decina, si apprende, che passeranno al gruppo misto ma continueranno a sostenere il premier Conte.

La lettera di dimissioni di Fioramonti è stata consegnata al Primo Ministro nel bel mezzo dei festeggiamenti di Natale, ma era una decisione attesa. Già lo scorso 5 novembre, giorno in cui l’esecutivo Conte II ha prestato giuramento e quando il dibattito sulla legge di Bilancio doveva ancora realmente cominciare, il Ministro dell’Istruzione dichiarava così a Repubblica: “Dopo una serie di esecutivi che hanno tagliato sull’istruzione, non mi posso accontentare di un governo che smette di prelevare soldi dal Miur. Bisogna investire e con forza”. E ancora, “Questo governo con questa Finanziaria deve fare tante cose e io apprezzo lo sforzo: non far aumentare l’Iva, ridurre il cuneo fiscale, intervenire sulla sanità. Ma quella che io propongo è una questione centrale: ricerca, università, scuola.”

“O tre miliardi a scuola e università o mi dimetto”, è stato l’ultimatum del Ministro fin dall’inizio. A Trieste, a margine del vertice dei ministri della ricerca, Fioramonti aveva ricordato che “la scuola in questo Paese avrebbe bisogno di 24 miliardi. I 3 miliardi che io ho individuato, non sono la sufficienza”, sono solo “la soglia di galleggiamento minima per evitare il fallimento di tante Università”. Quando poi le voci sul testo definitivo della Manovra sono diventate sempre più precise, e il raggiungimento della quota 3 miliardi sembrava improbabile, più di qualcuno ha preteso di incassare la promessa. Il più recente è stato il leader della Lega Matteo Salvini, alla vigilia di Natale: “Speriamo che almeno uno mantenga la parola. Aveva detto che se non ci fossero stati tre miliardi di investimento si sarebbe dimesso. Ministro Fioramonti, dimettiti e togli il disturbo”. E Fioramonti è stato di parola. L’aver onorato il suo impegno e mantenuto la promessa hanno portato al futuro ex Ministro il rispetto di molti.

 

Di A.C.

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