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Fecondazione assistita negata a due donne, il caso da Bolzano alla Consulta

 

La Corte costituzionale ha ricevuto dal Tribunale di Bolzano la richiesta di esprimersi sulla costituzionalità del divieto di accesso alla fecondazione assistita per coppie formate da due donne. L’ordinanza, del giudice bolzanino Francesco Laus, è stata iscritta nel registro della Consulta.

«Un simile dubbio di costituzionalità era stato sollevato dal Tribunale di Pordenone l’estate scorsa. Tuttavia, la situazione è qui diversa. Le donne, non residenti in Regione Trentino Alto Adige Südtirol, soffrono entrambe di patologie riproduttive: l’una può produrre ovociti, ma non è in grado di sostenere una gravidanza. L’altra, al contrario, non è in grado di produrre gli ovociti, ma può sostenere una gravidanza», afferma l’avvocato Alexander Schuster, che assiste la coppia.

 

Secondo il legale, «oltre ai condivisibili dubbi sollevati dal giudice di Pordenone, si assommano considerazioni ulteriori per criticare il divieto assoluto di accesso alle coppie dello stesso sesso, che appare un divieto irragionevole e sproporzionato». Accogliendo gli argomenti delle ricorrenti, il Tribunale di Bolzano ha ritenuto che il divieto definito dalla legge del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita – sottolinea ancora il legale – si ponga in contrasto non solo con alcuni precetti costituzionali, ma anche con la Convenzione europea per i diritti umani, Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York, nonché la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Per il legale trentino «appare evidente che l’espatrio riproduttivo delle coppie lesbiche imposto dal divieto susciti dubbi sempre più evidenti e diffusi. Nel caso delle mie assistite, poiché esiste un divieto di gestazione per altri e altre, la donna che può produrre ovociti può divenire madre (genetica) solo grazie alla relazione con una donna, che si farà carico della gravidanza. Pur nella sfortuna di patologie diverse, loro trovano però nell’aiuto dell’altra la complementarietà per divenire madri entrambe. Tuttavia, il divieto di accesso alle tecniche preclude completamente alla prima la possibilità di divenire madre. Si comprende allora bene quanto sproporzionato e grave sia il divieto della legge 40».

La causa è sostenuta, per la sua rilevanza per tutte le coppie di donne, dall’associazione radicale Certi diritti. Per il segretario nazionale, Leonardo Monaco, «anche questo divieto deve ora cedere il passo, come già successo con altri divieti irragionevoli negli anni scorsi, per ridare la libertà alle persone di costruire le loro famiglie».

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