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Eitan: la zia Aya presenta istanza a Tel Aviv per il rientro in Italia

 

Aya Biran – la zia paterna di Eitan di cui esercita la tutela – ha presentato al Tribunale per le questioni familiari di Tel Aviv la richiesta di far rientrare il piccolo in Italia sulla base della Convenzione dell’Aja. Lo riferisce l’israeliana Canale 13. 

La notizia della presentazione al Tribunale di Tel Aviv dell’istanza per il rientro di Eitan in Italia è stata confermata all’ANSA da Or Nirko, marito di Aya Biran, l’affidataria della tutela di Eitan.

A quanto si è saputo, l’istanza è stata avanzata in base all’art.29 della Convezione dell’Aja che, tra le altre norme, consente al titolare del diritto di affido di “rivolgersi direttamente al competente tribunale per chiedere il rientro del minore sottratto, anche senza l’intermediazione delle autorità centrali”.

Anche Etty Peleg, ex moglie di Shmuel Peleg e nonna materna del piccolo Eitan, è indagata per il sequestro del bambino di 6 anni. La nonna materna del piccolo Eitan, unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone del 23 maggio, sarebbe stata in Italia assieme all’ex marito almeno nei giorni precedenti al presunto rapimento. Il ruolo della donna, dunque, nell’inchiesta della Procura di Pavia per sequestro di persona (aggravato dal fatto che la vittima è un minorenne), è da verificare. Potrebbe infatti aver aiutato l’ex marito a portare il piccolo in Israele, dove è arrivato su un volo privato partito da Lugano. Ieri era stato lo stesso zio paterno di Eitan, che vive con la moglie Aya, tutrice legale del bambino, a Pavia, ad accusare la nonna materna di complicità nel sequestro. Anche se, in base ad indiscrezioni raccolte, era stato riferito che la donna sarebbe rientrata in Israele prima del giorno del presunto rapimento avvenuto venerdì scorso. La stessa Aya aveva raccontato comunque che il nonno, quando è arrivato a prendere Eitan per la visita che gli era stata concessa, ha parcheggiato lontano dall’abitazione e, dunque, non è chiaro se nell’auto ci fossero altre persone ad attenderlo. L’indagine sui presunti complici va avanti.

“La famiglia Peleg trattiene Eitan come i soldati dell’esercito israeliano sono tenuti prigionieri nelle carceri di Hamas”. Questa la denuncia di Or Nirko – marito di Aya Biran, zia paterna del piccolo – in una intervista alla tv Canae 12. “La famiglia Peleg – ha aggiunto – si rifiuta di dire dove il bambino si trova. Lo nascondono in una specie di buco”. Alla domanda se sono andati all’ospedale Sheba per verificare la presenza di Eitan, Nirko ha risposto: “c’è andato mio fratello ma Eitan non c’è”. “Nel corso di una visita precedente Eitan è stato tenuto per due ore e mezza dentro la macchina della nonna materna e interrogato da una persona sconosciuta”. Lo ha detto, parlando coi cronisti fuori dalla sua casa, Or Nirko, zio paterno del bimbo di 6 anni che si è salvato dalla tragedia del Mottarone e venerdì scorso vittima di un presunto rapimento da parte del nonno materno. La persona che lo avrebbe “interrogato”, ha spiegato lo zio, “non si è mai identificata e ha detto che il suo lavoro è ‘cambiare i baffi’, gli ha fatto un sacco di domande, Eitan era sconvolto, aveva gli incubi”. Una “situazione ricorrente”, secondo lo zio, “dopo le visite coi nonni tornava in uno stato emotivo pessimo e quel venerdì il nonno è arrivato con 30 minuti di ritardo, era tutto premeditato, programmato”.

Eitan “sta bene”. Sono le poche parole che vengono riferite da fonti legali vicine alla famiglia materna del bambino di 6 anni, unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone e portato in Israele dal nonno materno, in risposta alle accuse lanciate dalla zio paterno. Nell’ambito del procedimento sull’affidamento si dovrebbe “chiedere a Eitan dove vuole vivere” attraverso “l’ascolto e la verifica delle reali condizioni del minore” con “una consulenza tecnica d’ufficio e quindi in contraddittorio tra le parti”, che invece è stata “rigettata”. Lo ha spiegato l’avvocato Sara Carsaniga, uno dei legali della famiglia materna del bambino.

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