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Covid, l’appello di Mori: “Vaccinare prima i politici e i giovani”

 

Vaccinare prima i reggitori della cosa pubblica, i parlamentari, i sindaci, e i liceali. È la proposta fuori dal coro del professore Maurizio Mori, 69 anni, ordinario di bioetica e di filosofia morale a Torino, e presidente della Consulta di bioetica, l’associazione di volontariato culturale, che annovera fra i suoi soci, Beppino Englaro.

Professor Mori, perché darebbe la precedenza ai politici?

“Se dovesse decidere Dante farebbe la stessa cosa. Il fatto che lo si ritenga impopolare la dice lunga su quanto sia ormai scarsa la considerazione degli italiani verso la politica. Ma chi deve assumere decisioni importanti, che riveste responsabilità pubbliche, deve essere immunizzato per primo”.

Quindi il governatore De Luca ha fatto bene?

“Penso proprio di sì, perché ha dato l’esempio, uno spot contro gli scettici, i contrari al vaccino”.

Ma perché anche i parlamentari?

“Perché abbiamo bisogno di un Parlamento pienamente operativo, che non lavori a singhiozzo, e produca rapidamente buone leggi a tutela di tutti”.

Prima dei medici?

“Certo che no. I medici sono in prima linea, ed è giusto che vengano protetti senza indugi. Ma un conto sono i medici e gli infermieri impegnati nelle corsie, a contatto quotidiano con i malati, un altro gli operatori sanitari che lavorano in amministrazione. Anche lì bisognerebbe adottare dei criteri più stringenti. Vede, il mio ragionamento nasce dal fatto che i vaccini sono contati e ciò impone quindi una riflessione sui criteri di vaccinazione. Purtroppo di questa discussione non c’è traccia”.

 

Cosa lamenta?

“Che la discussione sia tutta tecnica, e non etica. Purtroppo la pandemia ci impone di fronte a delle scelte drammatiche, di selezione. E l’ordine di priorità determina inesorabilmente che quelli che saranno protetti dopo forse moriranno prima”.

Lei lamenta un’assenza di dibattito su questi argomenti?

“Totalmente. La domanda è: è giusto salvare più vite o più anni di vita?”

Il governo ha deciso che prima vengono gli anziani. Non è un criterio condivisibile visto che sono i più colpiti dal virus?

“Sì, ma è stato preso sulla base del ‘così fanno tutti’. Ma non mi sembra l’unico criterio a cui attenersi, e lo dico contro il mio interesse, che ho 69 anni, e spero di vaccinarmi prima possibile. Hanno vaccinato una donna di 104 anni, bene dico, è un caso limite, d’accordo, ma quanta aspettativa di vita ha questa signora. La si può proteggere in un altro modo”.

Perché dice: prima i liceali?

“Allora, il vaccino Pfizer sembra che protegga il soggetto al 95 per cento dallo sviluppo della malattia, ma non si sa ancora se possa evitare anche il contagio. Allora, per evitare la diffusione, bisognerebbe partire da chi ha un’aspettativa di vita più alta e che vive vite più promiscue come per l’appunto i giovani: sarebbe un modo per proteggere le scuole, e gli insegnanti, preservando il diritto all’istruzione”.

I vaccini Pfizer non basteranno per tutti. Che fare?

“Ho letto che l’ex governatore toscano Rossi ha suggerito di togliere il brevetto, consentendo anche ad altre case farmaceutiche di produrre il siero. Mi sembra doveroso. Avremmo risolto il problema in pochi mesi. Ho visto che in Gran Bretagna hanno deciso che la seconda dose la iniettano dopo dodici settimane, non dopo tre. La prima dose garantisce intanto ai vaccinati una protezione del 70 per cento, e in questo modo si riesce ad allargare la platea, e vengono protette molte più persone. E’ un’alternativa alla scarsità di vaccini”.

Ma la Costituzione non dice che bisogna garantire le cure a tutti, indistintamente?

“Quando scoppiò la prima ondata si disse: garantiamo le cure a tutti, ma la Società italiana di rianimazione, Siaarti, rispose che ciò non sarebbe stato possibile, perché non c’erano letti illimitati negli ospedali. Ora la questione si ripropone. Non ho la verità in tasca, non ho soluzioni a portata di mano, voglio solo contribuire al dibattito su una questione così delicata e cruciale per la nostra società”.

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