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Coronavirus: Primario, ‘Chiamata alle armi, peggio che a marzo’

 

“Stiamo facendo una ‘chiamata alle armi’, dobbiamo richiamare medici e infermieri. Qui è peggio che a marzo”. Parla veloce al telefono Claudio Micheletto, direttore dell’unità di penumologia dell’Azienda ospedaliera di Verona, dove da ieri è stato riaperto il reparto riservato ai pazienti Covid.

“Sto entrando adesso..- spiega – dobbiamo allargare la disponibilità di posti. Quando parlo di marzo, non dico certo nei numeri, allora avevamo 180 pazienti e 60 terapie intensive in totale in azienda. Però il flusso è continuo: adesso a Borgo Trento abbiamo 22 ricoverati in malattie infettive, pieno, e 6 in rianimazione, pieno. Da noi in pneumologia a Borgo Trento, ci sono 20 letti occupati, e dobbiamo allargare. Ne aggiungiamo altri 6, ma il problema non sono i posti, serve il personale“.

“Ieri – ha scritto Micheletto in un post su Facebook – abbiamo riaperto. Siamo rientrati nel padiglione 13, un piccolo Ospedale dedicato solo al Covid 19. Termino una notte allucinante, continui ricoveri, mi sembra di rivedere un film già visto”.

“Temo che questa notte – aggiunge – si sia innescata una pesante recrudescenza: pronti soccorso strapieni, tante persone con sintomi. Non mi ricordo chi ha detto che il virus era clinicamente morto. Dopo 24 ore consecutive di lavoro forse perdo la memoria”.

Il medico aveva scritto il suo ultimo post il 2 giugno, proprio in occasione della cessata emergenza: “Dopo ottanta giorni – diceva – abbiamo chiuso un reparto Covid, stiamo tentando di tornare a vita normale”.

Si moltiplicano, comunque, gli appelli all’attenzione in questa fase delicata. “Serve assoluto rigore, vediamo 50enni che si ammalano gravemente, sono persone che hanno una vita sociale attiva”. Lo dice la presidente della Società Italiana di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI), Flavia Petrini alla luce dei dati di questa seconda ondata di Covid. “Il peso maggiore non e’ ora sulle terapie intensive ma il virus gira in Italia in modo generalizzato e le regioni che erano meno attrezzate lo subiscono di piu’. Oggi abbiamo una contaminazione sociale e familiare e il prossimo dpcm punta ad aumentare la consapevolezza su quanto conta ridurre le interazione sociali. Serve rallentare le attività”.

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