ITALIA

dall'

Solo notizie convalidate
[wpdts-weekday-name] [wpdts-date]

EDIZIONI REGIONALI

Solo notizie convalidate

EDIZIONI REGIONALI

Coronavirus, il punto giornaliero della Protezione civile

 

Coronavirus, il punto giornaliero della Protezione civile. Sono complessivamente 95.262 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a martedì di 1.195. Martedì l’incremento era stato di 880.

Per il quinto giorno consecutivo calano ancora i ricoveri in terapia intensiva. Sono 3.693 i pazienti nei reparti, 99 in meno rispetto a martedì. Di questi, 1.257 sono in Lombardia, in calo di 48 rispetto a martedì. Dei 95.262 malati complessivi, 28.485 sono poi ricoverati con sintomi – 233 in meno rispetto a martedì – e 63.084 sono quelli in isolamento domiciliare.

Il numero dei contagiati totali dal coronavirus in Italia – compresi morti e guariti – è di 139.422, con un incremento rispetto a ieri di 3.836.

“Aprire o pensare di aprire in questa fase è abbastanza difficile, non siamo in una diminuzione netta ma in un rallentamento della velocità”. Lo dice il vicedirettore dell’Oms Ranieri Guerra sottolineando che “c’è un serbatoio di asintomatici che continua a garantire la circolazione del virus”. Si potrebbe pensare a riaperture “per classe di lavoro, tipologia geografica e classe di età” ma sempre con “un occhio ad una diminuzione marcata di questa curva che ancora non c’è”. “Non credo che il governo italiano voglia procedere alla riapertura senza pensare a questo rischio”.

LOMBARDIA – Si riduce ancora il numero di ricoverati per Coronavirus in Lombardia, dove comunque sono morte 238 persone in un giorno: ha detto l’assessore al Welfare Giulio Gallera in diretta Facebook. Sono 53.414 i positivi in regione, 1.089 più di martedì. Di questi 11.719 sono ricoverati non in terapia intensiva, 1257 in terapia intensiva (-48), mentre il numero dei decessi è arrivato a 9722, 238 in un solo giorno. “Il traguardo è molto vicino, vogliamo raggiungerlo a tutti i costi”. “Il risultato è vicino, non dobbiamo allentare l’attenzione adesso: dobbiamo veramente fare una pasqua in casa”, ha aggiunto.

E’ in corso e animato il dibattito sulla Fase 2 e la riapertura delle attività, in primo luogo sulla data d’avvio e poi sulle modalità e la durata. E’ molto probabile che durerà a lungo, ha detto all’ANSA il fisico Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston: “E’ un processo che vedo per i prossimi 6-8 mesi”. “La seconda fase continuerà a lungo – ha aggiunto – non possiamo immaginare una guerra vinta perché avremo altre battaglie e non dobbiamo pensare di poter tornare alla normalità piena in luglio o agosto”. Potrebbero volerci settimane prima di allentare le misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19 in Italia. “Ora in Italia siamo in una fase di trend positivo, ma nelle prossime settimane non correrei a rilasciare misure perché ci sono ancora molti casi. Si dovranno fornire gli strumenti per uscire dall’emergenza nel modo più sicuro: non vogliamo tornare in una fase di pre-ondata”.

A prescindere dalla durata, secondo l’infettivologo Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano non si può programmare la fase 2 senza colmare l’attuale “carenza dispositivi diagnostici”, ovvero di test. “Dobbiamo interrogarci – ha detto durante il dibattito organizzato dalla pagina Facebook ‘Coronavirus – Dati e analisi scientifiche’ – sul perché l’Italia non abbia messo in piedi linee di diagnostica per passare alla fase 2 oggi prematura, ma da programmare altrimenti si rischia di spalmare la ripresa in un tempo infinito o anticipata, con il rischio di nuovi focolai”.

Interpellato sull’argomento anche il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ha chiarito, in un’intervista radiofonica, che la data ipotizzata del 4 maggio non è da considerarsi sicura per la partenza della Fase 2. “Non c’è una data. E’ una valutazione che dovrà fare il Consiglio dei ministri e concordare attraverso la cabina di regia, che è una proposta del Pd. La Fase due è da costruire insieme fra maggioranza, opposizione, Regioni, scienziati e parti sociali. E’ l’interruttore generale che si riaccende, bisogna ripartire gradualmente anche in base al fattore di rischio dei singoli settori produttivi. Il grado di rischio determinerà i tempi”.

Il tema della riapertura sta molto a cuore anche al mondo dell’impresa. La Confindustria di Lombardia Emilia Romagna, Piemonte e Veneto hanno sottoscritto un agenda per la riapertura delle imprese e la difesa dei luoghi di lavoro e fronteggiare l’emergenza coronavirus. Se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano non riusciranno a ripartire nel “breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”

Secondo Carlo Robiglio, presidente della Piccola Industria, (il 98% delle aziende in Confindustria), la piccola e media impresa italiana in questa situazione di blocco della produzione “non può resistere tanto” spiega all’ANSA. “Questa situazione in maggio deve trovare una soluzione, se si scavalla l’estate con un blocco di questo tipi i rischi diventano pesantissimi. A parte le attività stagionali, che non riaprirebbero mai più”. E avverte: “Bisogna che per fine aprile inizio maggio inizi almeno la fase due per una serie di attività”. Nella trincea dei piccoli e medi imprenditori – racconta – c’è “la consapevolezza del rischio di non poter riavviare l’impresa, di non poter garantire i posti di lavoro in futuro”. Ma anche “sentirsi soli, non compresi, messi sul banco degli imputati”, molti imprenditori “lo hanno vissuto malissimo”. “E’ stata la cosa più brutta di questi giorni difficili”.

Sul fronte giudiziario la Procura di Bergamo ha aperto un’inchiesta sulla gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo nell’emergenza coronavirus.Si tratta di un fascicolo contro ignoti e che l’ipotesi di reato è epidemia colposa. In particolare sotto la lente della Procura sono la gestione dei primi malati risultati positivi e la decisione il 23 febbraio di chiudere e riaprire dopo alcune. ore il pronto soccorso. Ieri e lunedì i Nas hanno fatto perquisizioni nella struttura e hanno acquisito alcuni documenti. All’ospedale di Alzano era stato ricoverato l’84enne Ernesto Ravelli, poi il 23 trasferito al Papa Giovanni e deceduto, primo morto per Coronavirus in provincia di Bergamo. E sempre ad Alzano era stato ricoverato un 83enne di Nembro il 15, con tampone risultato positivo il 23 febbraio.

E’ stata poi ufficializzata la composizione della commissione di verifica istituita dall’Agenzia di tutela della salute (Ats) Città metropolitana di Milano su mandato della Regione Lombardia “per fare chiarezza su quanto accaduto al Pio Albergo Trivulzio negli ultimi mesi”, annunciano il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera. “L’organismo ha il compito di accertare i fatti con la massima trasparenza – aggiungono Fontana e Gallera – con particolare riferimento alle procedure adottate sin dalle fasi iniziali per gestire la situazione di emergenza legata al coronavirus”.

La procura di Vercelli ha aperto un’inchiesta, al momento a carico di ignoti, per accertare eventuali responsabilità sul numero elevato di decessi che si è verificato nella casa di riposo di Vercelli. I decessi nelle ultime tre settimane sono stati 35, anche se al momento non è possibile sapere con certezza quanti siano quelli connessi al coronavirus. Dai risultati dei tamponi arrivati dall’Asl di Vercelli nelle ultime ore è risultato che la metà degli 84 pazienti sono positivi al Covid-19. Anche tra gli operatori ci sono alcuni positivi.

Un pool di pubblici ministeri che “si occuperà di tutta l’attività di indagine che riguarda l’epidemia di Coronavirus nella Bergamasca”, ha spiegato all’ANSA il procuratore della repubblica facente funzione di Bergamo Maria Cristina Rota che ha appena aperto un fascicolo per epidemia colposa a carico di ignoti che riguarda il caso dell’ospedale di Alzano Lombardo. “Tutte le denunce, esposti con notizie di reato saranno affidati allo stesso team” composto da altri due sostituti assieme allo stesso Procuratore.

Continua la polemica tra la Regione Lombardia e il governo sulla mancata chiusura di alcuni comuni della Bergamasca in cui c’erano dei focolai, come Alzano e Nembro.

“Nel momento in cui il governo sta assumendo una decisione ha senso che io la prenda quattro ore prima? Poi ci si accusa di non avere una sintonia istituzionale”, ha detto l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, ha parlato a Radio 24 della mancata istituzione della zona rossa attorno al Comune di Alzano Lombardo nella bergamasca. “In quei giorni il governo ha dato evidenza che stava procedendo e sarebbe stato non solo originale ma curioso perché una regione sapendo che il governo lo stava facendo si muoveva – ha aggiunto -. Noi abbiamo condiviso passo passo con il governo qualunque tipo di decisione assunta in questi mesi. E quando abbiamo fatto delle ordinanze le abbiamo fatte perché il governo ha detto alle Regioni che noi potevamo prendere misure più restrittive”.

Il 4 marzo “arrivano i militari ad Alzano e questa è l’evidenza che la nostra richiesta fatta all’Istituto Superiore di Sanità è stata presa in considerazione dal governo. Passa il 5, il 6, in quel momento l’assunzione di un’ordinanza da parte del governatore appariva originale visto che il governo aveva già dislocato le forze dell’ordine. – ha concluso – Il 7 il governo fa la zona rossa su tutta la Regione Lombardia impedendo gli spostamenti e a quel punto fa una zona rossa molto più ampia che ha la stessa efficacia della zona rossa di Codogno”.

Facebook