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Conte si dimette: “Il governo finisce qui, darò le mie dimissioni al presidente Mattarella”

Il Presidente del Consiglio si dimette. Salvini lancia la campagna elettorale dai banchi del Senato e chiude definitivamente con l’Europa.

Oggi tra gli scranni di Palazzo Madama è andata in scena una commedia dell’assurdo. Giuseppe Conte si è presentato in Senato per riferire in Aula, dopo la crisi di governo scatenata dalla Lega. Accanto a lui, sui banchi del governo, i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e nell’aria il peso della mozione di sfiducia contro il premier. Peso di cui l’aula si è alleggerita intorno alle 19:30, quando la Lega ha ritirato la mozione. Poco importa, comunque, perché ormai Conte si è dimesso: “Il governo finisce qui, darò le mie dimissioni al presidente Mattarella”, chiude il premier. E alla fine del suo secondo intervenuto, dopo aver ascoltato gli interventi di senatrici e senatori, ha salutato l’Aula dicendo “vado da Mattarella”. Nel suo discorso iniziale il quasi ex-premier ha consegnato al pubblico una crisi di governo esplosa e irreparabile, e anzi apparentemente latente da qualche tempo. L’insofferenza di Conte verso il Ministro dell’Interno era palpabile. L’avvocato del popolo ha rimproverato al leader della Lega di non essere andato a riferire in Senato dopo il caso Moscopoli, di essersi accanito sui social per accaparrare consensi anche a scapito della credibilità del paese, di aver scavalcato i confini del suo ministero per occuparsi di faccende che andavano oltre le sue competenze, di utilizzare in modo offensivo simboli religiosi durante i suoi comizi di piazza, e – non ultimo – di aver aperto una crisi di governo in un momento in cui l’Italia avrebbe invece bisogno di una guida solida, per affrontare gli impegni importanti dei prossimi mesi e scongiurare l’aumento dell’IVA. Conte si è scrollato diversi sassolini dalle scarpe, per poi rassegnare le dimissioni. E nel frattempo andava in onda il Salvini Show.

Tra le tante testimonianze che circolano virali su internet su quanto è successo oggi nell’Aula del Senato, c’è anche quella delle “facce di Salvini”, che durante l’intervento del suo Presidente faceva commenti, accenni, gesti (tra cui baciare il rosario proprio mentre Conte gli rimproverava questo espediente comunicativo), che hanno fatto pensare subito a una profonda mancanza di rispetto. Tanto più che dopo aver fatto il suo discorso, dai banchi dei senatori e non da quelli del governo, Salvini ha lasciato Palazzo Madama per dirigersi al Viminale, dicendo di avere del lavoro da fare. Non si è fermato ad ascoltare gli interventi dei colleghi, o la replica del Presidente, quasi a voler svuotare di senso i meccanismi costituzionali, facendosi beffa delle procedure e delle istituzioni. Salvini nel suo intervento, subito successivo a quello di Conte, si è accanito prima contro avversari politici schernendoli direttamente (e non solo, visto che è riuscito a prendere in giro anche alcuni giornalisti notoriamente contrari alle sue posizioni), ha ridicolizzato il Premier, e in qualche modo ha dato il via a una nuova stagione di campagna elettorale. Il leader della Lega ha presentato la sua idea di “Italia 2050”, delineando ciò che sembrava un vero e proprio programma politico di un partito che si prepara a sostenere le elezioni. Salvini ha anche presentato un’Italia “libera davvero” e “senza padrone”, cioè senza l’Europa, una presa di posizione piuttosto netta che apre a scenari paragonabili a quelli inglesi. Anche il Premier, bisogna ammetterlo, non ha potuto trattenersi dallo spifferare qualche anticipazione dei cavalli di battaglia di una prossima ricerca del consenso, contribuendo allo stesso modo a trasformare una procedura parlamentare in una commedia dell’assurdo.

Eppure di elezioni ancora non si parla. Si parla di un Conte Bis, di un governo giallorosso, proprio come una tifoseria, di una decisione del Presidente Mattarella. Insomma, morto un governo, se ne fa un altro. Senza necessariamente passare dal voto, proprio come prevede l’ordinamento dello Stato Italiano. La nostra Costituzione prevede che se un esecutivo cade prima del tempo si cerchi di formare un nuovo governo con una nuova maggioranza, ma all’interno dello stesso parlamento. Si, perché il voto dei cittadini serve per formare il parlamento, non il governo. È dal parlamento che si estrapola l’esecutivo, quindi è sostanzialmente sbagliato che la scelta di non andare e elezioni sia percepita come un tradimento della sovranità popolare. Si parla di “governi non eletti” per alimentare la macchina del consenso da una parte o dall’altra, ma la verità è che il popolo nella storia repubblicana di questo paese non ha mai votato direttamente un governo. Ha sempre votato un parlamento, che diventa specchio e microcosmo della distribuzione ideologica dei cittadini, all’interno del quale (ma non necessariamente) viene scelto un governo che rispetti gli equilibri parlamentari, in modo che l’organo rappresentativo possa porre la sua fiducia nell’esecutivo. Il prossimo governo, di qualunque colore sia, dovrà affrontare questioni fondamentali e spinose per il futuro del Paese. La cosa importante è che si metta a lavorare subito per scongiurare gli scenari peggiori. Gli italiani possono solo augurarsi che il governo lavori efficacemente e velocemente sui temi che premono sull’agenda, altrimenti il futuro sarà di un solo colore: nero.

 

Di A.C.

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