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Caso Cucchi, carabiniere intercettato: “Magari morisse”

Negli atti depositati dal pm Giovanni Musarò, uno dei 5 carabinieri imputati, pensando di non essere ascoltato, si sarebbe augurato la morte di Stefano Cucchi.

“Magari morisse, li mortacci sua” queste sono le parole pronunciate da Vincenzo Nicolardi, uno dei 5 carabinieri indagati per la morte del geometra romano Stefano Cucchi.

La frase shock fa parte delle intercettazioni telefoniche registrate tra le 3 e le 7 di mattina del 16 ottobre 2009, quando tra il capoturno della centrale operativa del comando provinciale e un carabiniere.

Oggi quel carabiniere è stato identificato. Si tratta di Vincenzo Nicolardi. Parlando invece delle condizioni di salute di Cucchi si sente il capoturno della centrale operativa dire: “Mi ha chiamato Tor Sapienza. Lì c’è un detenuto dell’Appia, non so quando ce lo avete portato, se stanotte o se ieri. È detenuto in cella e all’ospedale non può andare per
fatti suoi”.

Il carabiniere, ovvero Nicolardi, risponde: “È da oggi pomeriggio che noi stiamo sbattendo con questo qua”.

Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Cucchi, ha commentato quanto detto in aula dicendo: “Siamo basiti, scioccati, non sappiamo più cosa pensare. Quello che ci fa veramente molto male e arrabbiare è che da quest’inchiesta emergono fatti e comportamenti esecrabili, indegni per appartenenti all’Arma dei Carabinieri, di cui si sono rese responsabili persone che non erano coinvolte nell’arresto di Stefano Cucchi né direttamente coinvolte nella sua morte”.

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