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Auto rubate e riciclate: 15 arresti a Napoli. Ecco come agivano i ladri

Il giro d’affari complessivo si aggirava sui 300mila euro al mese, con 3-4 auto rubate ogni notte

Quindici arresti, frutto di quindici custodie cautelari emesse dal gip di Napoli, per i componenti di una banda criminale che operava tra Napoli e provincia, specializzati in furti e ricettazione o riciclaggio di auto. I 15 indagati, a cui sono stati contestati i reati di associazione per delinquere, furto aggravato, riciclaggio, ricettazione, sono ritenuti responsabili di 77 episodi, tra furti e tentati furti di autovetture. Le indagini dei carabinieri, condotte dal gennaio 2015 al giugno 2016, hanno permesso l’arresto in flagranza di 16 persone, la restituzione ai proprietari di 29 veicoli e il sequestro di  materiale utilizzato per lo scasso e la manomissione di centraline elettroniche.

La struttura della banda e le modalità dei furti

L’organigramma del sodalizio criminale era composito e ben organizzato. Ogni componente del team aveva un proprio ruolo, un ingranaggio di una sorta di ‘catena di montaggio”. Un primo gruppo, comandato da 4 persone e con 3 donne, era articolato in due ‘batterie’. Aveva il compito di rubare le auto a Napoli e provincia: nella notte i ladri partivano dalla Capodichino, individuavano le autovetture corrispondenti all’ordinazione dei vertici del sodalizio, forzavano le portiere e installavano centraline per avviare il motore. Nella fase successiva le autovetture venivano nascoste per strada nel rione Berlingieri di Secondigliano o nel rione Amicizia dove, private dell’eventuale sistema gps, venivano recuperate a distanza di poche ore da altri appartenenti al sodalizio, addetti allo spostamento. Un altro gruppo ancora organizzava l’ingresso di una parte dei veicoli nel ”mercato nero” dei ricettatori, con rivendita delle varie componenti meccaniche e di carrozzeria; un’altra parte invece veniva indirizzata verso il terzo passaggio della ”catena di montaggio”: la ri-punzonatura di telaio e motore eseguita da tecnici in un’area di Ponticelli, applicando i numeri seriali di autovetture immatricolate all’estero (Spagna, Francia e Germania). Prima di essere rivendute venivano intestate con atti di vendita contraffatti a prestanome conniventi. L’ultimo passaggio era la vendita dei veicoli risultati immatricolati all’estero, a normali prezzi di mercato e ad ignari acquirenti, anche ricorrendo ad annunci di vendita online.

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