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Alla Lega non piacciono gli striscioni per Giulio Regeni

L’amministrazione leghista del Friuli Venezia Giulia fa rimuovere il cartellone di Amnesty International “Verità per Giulio Regeni”.

Solo nelle ultime ore, in due città d’Italia altrettante amministrazioni a guida leghista hanno deciso di far rimuovere uno striscione per Giulio Regeni. È successo giovedì 20 giugno in Friuli Venezia Giulia, dove il governatore della Lega Massimiliano Fedriga ha fatto togliere uno dei celeberrimi striscioni gialli a scritte nere, firmati Amnesty International, che chiedono, da anni, una sola cosa: “Verità per Giulio Regeni”. Quello stendardo desideroso di una spiegazione sulla misteriosa morte del giovane ricercatore italiano ucciso in Egitto, a cui ancora non si è dato un senso, era appeso al palazzo della Regione in piazza Unità d’Italia dal 2016, quando l’allora governatore Debora Serracchiani aveva deciso di unire il Friuli al coro di chi chiedeva verità. Ora che gli scranni della Regione sono occupati da una maggioranza leghista, però, le cose sembrano cambiate. Il presidente Fedriga ha infatti annunciato che lo striscione verrà rimosso definitivamente da tutte le sedi della Regione dislocate per il territorio friulano. “Lo striscione non verrà mai più esposto”, ha annunciato il governatore, e il posto che prima era occupato dal drappo di Amnesty ha lasciato spazio a uno stendardo di pubblicità degli Europei di calcio Under 21.

La vicenda risulta ancora più fastidiosa, se si ricorda che Giulio Regeni, ucciso in una data imprecisata tra il gennaio e il febbraio del 2016, era originario proprio del Friuli Venezia Giulia: nato a Trieste il 15 gennaio 1988, cresciuto in provincia di Udine, per poi partire alla volta del mondo e trovare la morte nei pressi di una prigione del Cairo a soli 28 anni. La sua Regione, però, non ha più voglia di ricordare, o almeno questo è il messaggio che sembra voler veicolare la decisione dell’amministrazione leghista. E con lo striscione sembra si voglia rimuovere anche la richiesta di verità, dopo anni in cui le domande poste dal governo italiano, dai familiari e alle associazioni non hanno trovato risposta. I dubbi nati dai segni di tortura trovati sul corpo di Regeni, rapito il 25 gennaio 2016 e ritrovato solo il 3 febbraio, in un fosso lungo l’autostrada per Alessandria, vicino a una prigione dei servizi segreti egiziani; i dubbi riguardo i depistaggi e la scarsa collaborazione del governo egiziano nelle indagini: l’aura di mistero intorno alla morte di Giulio Regeni ancora oggi rende le relazioni diplomatiche con l’Egitto molto tese. E forse è anche per questo, per mettere a tacere queste tensioni, che le amministrazioni leghiste rimuovono gli striscioni e sputano sulla richiesta di verità.

Ferrara, Treviso, Trieste, Sassuolo, Ivrea: tutte le volte che la Lega ha fatto rimuovere uno striscione per Giulio Regeni.

Se la rimozione dal Friuli degli striscioni per Giulio Regeni suona ancora più cacofonica, viste le origini del dottorando italiano ucciso in Egitto, non sono da meno quelle avvenute in altre città d’Italia, sempre a guida leghista. A Sassuolo, in Provincia di Modena, il neoeletto sindaco della Lega Gian Francesco Menani ha giustificato la decisione declassando la storia di Giulio Regeni come “una vicenda non più di attualità”. “Resta ferma la nostra solidarietà alla famiglia Regeni, ma non aveva più senso tenere ancora lì lo striscione”, ha detto. E, inoltre, “in centro storico stava anche male, tutto impolverato”. Andando più indietro con la memoria, lo striscione che invoca verità per Regeni era stato tolto anche nel luglio 2018 dall’allora neoeletto sindaco leghista di Treviso, Mario Conte. A Ferrara, dopo l’elezione del sindaco leghista Alan Fabbri quest’anno, alcuni sostenitori hanno esposto uno striscione con il simbolo del Carroccio che andava a coprire lo stendardo per Giulio Regeni. A Pisa, nel luglio del 2016, l’amministrazione leghista aveva fatto rimuovere lo striscione per qualche giorno, per poi ripristinarlo.

Un altro striscione per Giulio ha causato alcuni problemi a dei volontari di Amnesty International che, durante un comizio di Matteo Salvini nel giugno 2018, quando Salvini era già Ministro dell’Interno, hanno srotolato un manifesto con scritto “Prima gli italiani… Ma Giulio?”. Per questo sono stati subito fermati, zittiti, e identificati dalla polizia. Non solo la Lega, vale la pena dirlo, ha preso la decisione negli anni di rimuovere gli striscioni di Amnesty che chiedono “Verità per Giulio Regeni”. Nell’ottobre del 2016, a soli pochi mesi dalla morte del ricercatore, fu proprio il sindaco della sua città natale, Trieste, a far rimuovere lo striscione in suo onore dal Municipio: era Roberto Dipiazza, di Forza Italia, che voleva evitare polemiche, dopo che la maggioranza di centrodestra aveva proposto una mozione per farlo rimuovere. E ancora, in occasione del G7 della cultura, nel marzo 2017, lo striscione è scomparso per qualche ora dai muri di Palazzo Vecchio, in una Firenze già allora a guida PD, per poi tornare al suo posto.

Trieste e Sassuolo, ancora più gravi perché nel momento sbagliato: al Cairo ondata di intimidazioni, si chiede ritiro dell’ambasciatore.

L’Egitto di Al Sisi continua a non voler collaborare alle indagini per fare chiarezza sull’uccisione e la tortura di Giulio Regeni. Anzi, ostruisce gli inquirenti e sabota la ricerca della verità. Secondo l’Ecfr, la commissione egiziana per i diritti e le libertà che collabora con la famiglia Regeni per risalire a ciò che è davvero successo a Giulio, il governo del Cairo sta mettendo pressioni e intimidendo l’Ecfr, per ostacolare le indagini. Una serie sospetta di arresti da parte del governo egiziano, tra cui anche la moglie dell’avvocato della famiglia Regeni, sembra far pensare che l’Egitto non voglia, dopotutto, aiutare l’Italia nella ricerca della verità. Ormai, per i genitori di Giulio, resta solo una cosa da fare: ritirare l’ambasciatore italiano al Cairo, gesto che sarebbe un chiaro segno di rottura e una forte presa di posizione da parte del governo italiano, che però non dà segni di vita. È d’accordo anche Laura Boldrini (LeU), ex Presidente della Camera, che affida il suo pensiero a un Tweet: “L’Egitto continua a sabotare le indagini su sequestro, la tortura e l’omicidio di #GiulioRegeni. E la Lega che fa? Anziché ritirare l’ambasciatore italiano a Il Cairo ritira lo striscione dal balcone della Regione FVG che chiede #VeritaPerGiulio”.

Anche secondo Amnesty International Italia la decisione di Fedriga di rimuovere il cartello per Regeni è “una decisione sbagliata presa nel momento sbagliato”. “Proprio mentre alti esponenti egiziani rilanciano la falsa tesi dell’omicidio di criminalità comune che potrebbe riguardare chiunque ovunque nel mondo e dall’interno del paese arrivano preoccupanti notizie sulla repressione in atto ai danni di avvocati e difensori dei diritti umani che collaborano alla ricerca della verità, il governatore Fedriga (…) dà una mano a coloro che ritengono che la ricerca della verità sia un fatto temporaneo, legato a contingenze politiche e che dopo un po’ vada abbandonata”, scrive l’organizzazione in un comunicato. Riguardo all’ultimo episodio, quello triestino, opposizione è arrivata anche dal M5S, che nelle amministrazioni locali non è alleato del Carroccio. Appena è stato rimosso dal palazzo della Regione a Trieste lo striscione di Giulio Regeni, alcuni oppositori pentastellati hanno fatto comparire dalla finestra del terzo piano dello stesso palazzo lo striscione giallo che chiede verità, “Verità per Giulio Regeni”.

 

Di A.C.

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