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Al via il processo contro Berlusconi: pagò bugie di Tarantini su escort

Secondo la difesa dell’ex premier, “Berlusconi non aveva interesse a indurre Tarantini a mentire”, perché “Tarantini stesso aveva già reso dichiarazioni devastanti per l’immagine pubblica di Berlusconi”

BARI – Lunedì prossimo, 4 febbraio, prenderà il via il processo nei confronti di Silvio Berlusconi, accusato  di aver pagato Giampaolo Tarantini affinché mentisse ai pm baresi che indagavano sulle cene eleganti. Tarantini è l’imprenditore noto per essere diventato il procacciatore ufficiale di droga e prostitute in molte serate che hanno visto coinvolti politici e potenti di turno nella prima decade degli anni duemila.

Il rito, che sarà celebrato nell’ex sezione distaccata del Tribunale di Modugno (Bari), prende avvio dopo che il gup del Tribunale di Bari, Rosa Anna Depalo, nel novembre 2018, ha rinviato a giudizio l’ex premier per il reato di induzione a rendere false dichiarazioni all’autorita’ giudiziaria sulla vicenda escort.

Il provvedimento

Secondo quanto si evince dal provvedimento di rinvio a giudizio, “il più delle volte al pagamento delle prestazioni sessuali delle escort reclutate da Gianpaolo Tarantini provvedeva lo stesso Berlusconi: e ciò non era propriamente indifferente per la reputazione interna ed internazionale di un presidente del Consiglio”. Proprio per questa ragione l’ex cavaliere avrebbe pagati affinché Tarantini mentisse ai magistrati.

Secondo la Procura, Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio dei Ministri, avrebbe fornito all’imprenditore barese, per il tramite di Valter Lavitola (la cui posizione e’ stata stralciata e trasmessa a Napoli), avvocati, un lavoro e centinaia di migliaia di euro in denaro, perchè mentisse ai pm che indagavano sulle escort portate nelle residenze estive dell’ex premier fra il 2008 e il 2009 e sui suoi interessi in Finmeccanica.

Nel procedimento contro Berlusconi si è costituita parte civile in udienza preliminare la Presidenza del Consiglio dei Ministri

La strategia difensiva

I difensori del premier, gli avvocati Niccolo’ Ghedini e Francesco Paolo Sisto, sostengono piuttosto che Berlusconi “non aveva interesse” a indurre Tarantini a mentire, perché “Tarantini stesso aveva già reso dichiarazioni devastanti per l’immagine pubblica di Berlusconi, oltre che controproducenti rispetto ai suoi interessi anche economici. Pertanto nessun ulteriore pregiudizio avrebbe potuto provocare sull’imputato la divulgazione del fatto che egli fosse ben consapevole di interagire con prostitute e, di conseguenza, il suo interesse a tenere riservata la circostanza era pari a zero”.

Le motivazioni del Gup

“Ma in proposito – spiega il giudice – non può non rilevarsi che oggetto del mendacio non era tanto la qualifica soggettiva delle giovani reclutate da Tarantini, quanto la circostanza che il più delle volte al pagamento delle prestazioni provvedeva lo stesso Berlusconi”. Inoltre, “in quanto mero fruitore di dette prestazioni, – continua il gup – Berlusconi non avrebbe mai potuto essere coinvolto nel reato di agevolazione e sfruttamento della prostituzione. Sicchè la sua conoscenza del fatto che tali prestazioni fossero prezzolate era del tutto irrilevante ai fini dell’indagine a carico di Tarantini”. Rigettando, infine, l’eccezione preliminare della difesa sulla competenza del Tribunale per i Ministri o non del giudice ordinario, il gup di Bari rileva che “la prospettazione probatoria è tale da lasciar intravedere solamente un nesso di occasionalitò temporale tra la condotta stigmatizzata e le funzioni di presidente del Consiglio esercitate dall’imputato all’epoca dei fatti”

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