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Agente penitenziario suicida: amico ‘colleghi lo umiliavano’

 

“In quasi 15 anni di umiliazioni subite, ha sempre rifiutato l’etichetta di omosessuale, ma era questo l’argomento principale con il quale alcuni suoi colleghi lo tormentavano”. E’ quanto riferisce alla Gazzetta del Mezzogiorno l’avvocato Antonio La Scala, presidente e fondatore dell’associazione ‘Gens Nova’, della quale era membro l’agente penitenziario che si è suicidato la notte tra il 17 e il 18 febbraio – come ha comunicato il sindacato Sappe – usando la pistola di ordinanza.

L’agente era di Bitritto (Bari), aveva 56 anni, e lavorava nel carcere di Turi. “Sono ancora sconvolto – prosegue l’avvocato – era un uomo un po’ timido, ansioso per carattere, gentile. Due giorni fa ho raccolto il suo ennesimo sfogo: non ce la faceva più. Mi ripeteva che i colleghi lo prendevano in giro, non gli credevano, dicevano che non stava bene con il cervello, che era malato immaginario, lo dileggiavano perché non si era mai sposato”. L’agente viveva con i suoi genitori e assisteva il papà malato usufruendo della cosiddetta legge 104 – riferisce la Gazzetta – che gli permetteva di assentarsi dal lavoro. Nel frattempo aveva chiesto un periodo di aspettativa. “In questo periodo mio figlio non stava lavorando – riferisce la mamma al quotidiano – e mi chiedo come abbia potuto procurarsi la pistola che viene sistematicamente lasciata in armeria, nel carcere, al termine dell’orario di lavoro”.

Agente penitenziario suicida:madre denuncia,come aveva arma?
Donna oggi in Procura, ricorda che poliziotto era in aspettativa
BARI
(ANSA) – BARI, 19 FEB – La mamma dell’agente penitenziario in servizio nel Barese che si è suicidato nella notte tra il 17 e il 18 febbraio, usando l’arma di ordinanza, presenterà oggi in Procura, tramite l’avvocato Antonio Portincasa, una denuncia in cui chiede che “si faccia luce sulle cause che hanno portato il figlio ad uccidersi”, e che si accerti la ragione per la quale “era ancora in possesso della pistola di ordinanza pur essendo in aspettativa”. Lo dice all’ANSA l’avvocato Antonio La Scala spiegando che lui nella denuncia sarà “indicato come principale testimone”. La Scala era amico dell’agente 56enne che si è tolto la vita, e presidente dell’associazione ‘Gens Nova’ di cui faceva parte l’agente. “Sono stato il suo unico amico vero negli ultimi vent’anni” spiega La Scala raccontando di aver raccolto le confidenze del poliziotto sulle “continue vessazioni: un vero e proprio caso di mobbing a sfondo sessuale”, ritiene il legale che ha ricordato come alcuni colleghi dell’agente lo tormentassero con l’etichetta di omosessuale. Tra i documenti custoditi nella sede dell’associazione ‘Gens Nova’, l’avvocato La Scala ha ritrovato cinque lettere risalenti agli anni 2005-2006, quando il poliziotto era in servizio a Verona, nelle quali l’agente “diceva di sentirsi perseguitato, di essere insultato perché aveva sempre vissuto con i genitori” e “non aveva una fidanzata”. Da quando nel 2008 è stato trasferito al carcere di Turi ha smesso di scrivere ma ha continuato, fino a tre giorni prima di suicidarsi, a confidare insulti e paure a diversi amici e familiari.

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