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Lombardia dice no alla caccia in deroga, vittoria WWF

Era il 2009 quando il WWF ha attivato una dura e serrata lotta contro la caccia in deroga ai piccoli uccelli protetti da convenzioni internazionali (prima tra tutte la Convenzione di Berna)* e normative comunitarie, a cui in Italia molte regioni, prima tra tutte la Lombardia, consentivano invece di sparare in nome di presunte tradizioni locali: milioni di pispole, fringuelli, minuscoli uccellini di pochi grammi abbattuti ogni anno grazie a leggi compiacenti.

La forte attivazione del WWF a livello nazionale e del WWF Lombardia, giunto a inviare diffide arrivate anche agli uffici della Commissione Europea, ha portato prima la Corte di Giustizia a ordinare la sospensione delle leggi regionali lombarde illegittime, fermando il prelievo, e poi a procedure di infrazione comunitarie concluse con sentenze di condanna specificamente riferite alla Lombardia.

Negli anni successivi il WWF ha continuato questa forte opposizione, ottenendo infine la modifica della legge nazionale, che ora si è finalmente allineata a quella comunitaria, e riporta le deroghe ai divieti di caccia a quello che sono: casi eccezionali di prelievo consentito per ragioni di interesse pubblico non altrimenti evitabili, ed attivabili solo in presenza di chiari dati scientifici che ne dimostrino i piccoli numeri, la sostenibilità e l’assenza di soluzioni alternative e selettive.

I cacciatori lombardi non si sono mai rassegnati, ed ogni anno si è assistiti al triste balletto di voci circa l’intenzione della Regione di dar vita ancora alla caccia in deroga, ed all’attivazione del mondo scientifico (ISPRA, con pareri negativi) e ambientalista (le associazioni, WWF in prima fila) contro tale ipotesi. Quest’anno sono stati però gli stessi uffici regionali a celebrare lo stop definitivo alle deroghe – già peraltro morte e sepolte – perché un annuncio funebre comparso sui siti delle sigle venatorie riporta che la stessa Direzione Regionale ha reso parere negativo circa la legittimità di dar vita ad un provvedimento che riapra la caccia in deroga.

Commenta Paola Brambilla, delegata WWF Lombardia: “Questo funerale in realtà celebra la vita che viene garantita a milioni di piccoli uccellini amici dell’agricoltura, insettivori, patrimonio dell’intera comunità perché specie migratorie, che si spostano con gran fatica da un continente all’altro per cercare habitat di riproduzione sempre più rari”. Il lavoro da fare è ancora lungo, a partire dalle regole e non più dalle deroghe: occorrono leggi e piani faunistici regionali (in Lombardia ne attendiamo uno da vent’anni e forse quest’anno ci siamo) conformi alle esigenze di una protezione rafforzata della fauna selvatica, ma soprattutto maggiori controlli.

Il depotenziamento o scomparsa delle polizie provinciali, che si occupavano di caccia, e la prevista soppressione del Corpo Forestale dello Stato preoccupano moltissimo, perché in Italia il bracconaggio è diffusissimo: i dati sono in fase di raccolta da parte di ISPRA, che sta redigendo un sondaggio proprio in questi mesi, per rendicontare a livello comunitario e internazionale l’ampiezza del fenomeno.

In Lombardia è tragicamente conosciuto il tasso di illegalità delle province di Bergamo e Brescia, dove, nella prima giornata di preapertura della caccia (un’altra brutta pagina) sebbene la caccia fosse limitata alle sole specie cornacchia grigia e cornacchia nera, bracconieri e cacciatori hanno approfittato dell’uscita con l’arma per abbattere esemplari protetti e di specie vulnerabili, che in questi giorni sono in migrazione: Il primo controllo effettuato dalle Guardie Venatorie WWF Nucleo Brescia, nel Comune di Capriano del Colle, ha permesso di cogliere in flagranza di reato due cacciatori che esercitavano la caccia da appostamento fisso, utilizzando un richiamo acustico vietato.

I due cacciatori avevano abbattuto solo uccelli protetti: 12 prispoloni, 1 balia nera e un pigliamosche; un prispolone ferito che veniva consegnato al CRAS, Centro di recupero fauna selvatica WWF di Valpredina, periva per le ferite. Anche se è impossibile calcolare il numero reale degli animali uccisi dalla caccia “autorizzata”, a causa delle falle nel sistema venatorio, si stima che sotto i colpi delle doppiette potranno essere abbattuti in tutta la stagione venatoria decine di milioni di animali: una mattanza compiuta dai circa 700 mila cacciatori italiani (ovvero poco più dell’1% della popolazione italiana, in diminuzione nel numero e in aumento per età media). La stragrande maggioranza degli italiani è invece contraria alla caccia, come dimostra una recente indagine Eurispes secondo la quale il 68% degli italiani si schiera contro l’attività venatoria.

Le preaperture della stagione della venatoria, in Italia si inseriscono in un quadro di estrema difficoltà per la fauna selvatica, già fortissimamente segnata dagli abbattimenti illegali. In particolare per gli uccelli, secondo il rapporto di BirdLife International, uscito proprio quest’anno, nel nostro paese si arriva a un numero di uccisioni illegali pari a 5.600.000 di stima media (range da 3.400.000 a 7.800.000).

La lotta contro il bracconaggio del WWF è nel DNA dell’associazione, che vi ha dedicato la campagna crimini di natura; ed è da sempre anche nel mirino della comunità internazionale: nel giugno di quest’anno l’Ufficio Drugs and Crime delle Nazioni Unite (UNODC) ha pubblicato il rapporto annuale “World Wildlife Crime Report” dove sono illustrati con estrema chiarezza analisi e dati relativi al bracconaggio, che ha raggiunto un livello di attenzione talmente elevato da avere targets dedicati nell’importante Agenda 2030 con gli obiettivi di sviluppo sostenibile approvati da tutti i paesi del mondo lo scorso anno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite la cui implementazione è stata oggetto della seconda United Nations Enviroment Assembly (UNEA2), tenutasi a Nairobi presso la sede dell’UNEP dal 23 al 27 maggio scorsi dove è stata lanciata la campagna “Wild for Life” dedicata ad arrestare il traffico di specie che a livello mondiale rischiano l’estinzione.

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