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Roma – Casa della droga alla Romanina, arrestate 4 donne Casamonica

Roma – Gestivano una vasta attività di spaccio di cocaina dalla loro abitazione, in via Francesco Di Benedetto alla Romanina, una roccaforte inespugnabile con sistemi di protezione come un carcere per eludere i controlli delle forze dell’ordine. A fermarle, dopo circa due anni di indagini, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma Centro che questa mattina hanno notificato loro un’ordinanza di custodia cautelare per spaccio di stupefacenti emessa dal Gip del Tribunale di Roma, Dott. Pier Luigi Balestrieri. Si tratta di quattro donne, di 45, 47, 49 e 50 anni, appartenenti al clan Casamonica che gestivano lo spaccio di cocaina dalla loro abitazione. La 45enne e la 50enne sono ora agli arresti domiciliari, le altre due, invece, sono state sottoposte all’obbligo di presentazione in caserma. Le indagini dei militari dell’Arma, rese difficoltose dal contesto sociale e logistico nel quale le indagate agivano, si sono svolte con attività di osservazione, controllo e pedinamenti giornalieri e notturni, consentendo di sequestrare un importante quantità di droga. Il nome dell’indagine “Alcatraz” prende spunto dalle misure di protezione di cui è composta l’abitazione delle “Casamonica”. E’ una vera e propria fortezza dotata di inferriate massicce sia davanti alla porta d’ingresso che alle finestre del primo e del secondo piano. Lo spaccio era ben organizzato e regolamentato: aveva inizio nel primo pomeriggio e proseguiva fino a tarda notte con particolari accortezze finalizzate a non farsi scoprire delle forze dell’ordine. I familiari delle indagate effettuavano dei veri e propri pattugliamenti lungo le vie limitrofe all’abitazione per verificare la presenza delle forze dell’ordine mentre lo spaccio veniva effettuato con modalità predefinite note a tutti i clienti: gli acquirenti giungevano a bordo della loro autovettura davanti all’abitazione dei Casamonica e dopo essersi accostati sulla strada, suonavano al citofono ed attendevano fuori dal portone d’ingresso; una delle indagate, dopo aver verificato chi aveva suonato al citofono, apriva il portone di accesso al loggiato esterno e si faceva consegnare il denaro che passava ad un’altra donna all’interno dell’abitazione; un’altra complice prendeva lo stupefacente, normalmente occultato all’interno degli indumenti intimi, e lo consegnava alla donna alla porta che lo passava poi all’acquirente. Nel corso delle indagini, alcuni clienti, dopo essere stati fermati dai Carabinieri hanno avvisato le donne del clan fornendo loro sia i modelli che le targhe delle auto “civetta”.

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