ITALIA

dall'

Solo notizie convalidate
[wpdts-weekday-name] [wpdts-date]

EDIZIONI REGIONALI

Solo notizie convalidate

EDIZIONI REGIONALI

Roma. 29 Settembre 1975: storie di donne, forse troppo dimenticate

Il massacro del Circeo: violenza, misoginia e politica.

“Cigno, cigno. C’è un gatto che miagola dentro una 127 in viale Pola”. Questo il messaggio che una volante dei Carabinieri invia, poco prima delle ore 23:00 del 29 Settembre 1975, alla caserma.

La volante si trova in quella strada perché, poco prima, un metronotte ha sentito dei rumori provenire da un’utilitaria parcheggiata poco distante. E’ una richiesta di aiuto.

Il tutto verrà documentato da un reporter che, intercettata la chiamata della volante dei carabinieri, si precipiterà sul posto.

L’orrore è sotto gli occhi di tutti. Nel bagagliaio della vettura ci sono due ragazze: Rosaria Lopez, 19 anni, e Donatella Colasanti, 17 anni. La prima è morta, la seconda è salva per miracolo. Racconterà successivamente di essersi finta morta per scampare ai suoi aguzzini.

Esplode uno dei casi di cronaca più importanti dello scenario italiano. Verrà ricordata come la strage del Circeo, compiuta da tre giovani della “Roma bene”, Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira.

Solo quest’ultimo è incensurato, gli altri hanno precedenti penali per reati vari come rapina a mano armata e stupro.

Le due ragazze di borgata però non possono saperlo. Conosciuti solo qualche giorno prima, non immaginano che quei tre ragazzi, apparentemente simpatici ed intelligenti, in realtà siano appartenenti all’estrema destra, con ideologie misogine e razzisti verso chi proviene da classi inferiori. Sarà dunque facile per i tre convincerle ad andare a San Felice al Circeo, zona Punta Ala.

Si aspettano una festa, così le era stato detto, ma ciò che le attende è ben diverso. Vengono stordite con stupefacenti, subiscono minacce, violenze sessuali, percosse e per Rosaria arriverà la morte per affogamento in una vasca da bagno.

 

Il destino per Donatella sarà diverso, subita l’ennesima percossa, si fingerà morta. I tre ragazzi non conoscono pietà, ne avvertono ciò che stanno compiendo. Gianni Guido addirittura prende la sua auto, torna a Roma per cenare con i genitori e poi riprende la strada per il Circeo.

Una volta finito, pensando di averle uccise entrambe, caricano i corpi sulla 127, puntano verso la capitale. Parcheggiano in viale Pola e vanno al ristorante, come se quella sera d’orrore non fosse esistita, come se fosse uno scherzo. Anche per questo, quando il caso divampa, le associazioni femministe insorgono e si costituiscono parte civile in un processo che farà storia.

Il processo:

Il 29 luglio 1976 arriva la sentenza di primo grado: ergastolo per Gianni Guido e Angelo Izzo, ergastolo in contumacia per Andrea Ghira. I giudici non concedono alcuna attenuante.

Nel gennaio del ’77 Ghira e Izzo prendono in ostaggio una guardia carceraria e tentano di evadere dal carcere, senza successo. La sentenza viene modificata in appello il 28 ottobre 1980 per Gianni Guido: la condanna viene ridotta a trent’anni dopo la dichiarazione di pentimento e la accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento.

Gianni Guido riuscirà in seguito, nel 1981, a evadere dal carcere di San Giminiano fuggendo a Buenos Aires, dove però verrà riconosciuto e arrestato due anni dopo. In attesa dell’estradizione riesce ancora a fuggire, ma nel giugno 1994 viene catturato a Panama dove si era rifatto una vita come commerciante di autovetture, ed è estradato in Italia.

Guido in libertà:

L’11 aprile 2008 Guido viene affidato ai servizi sociali dopo 14 anni passati nel carcere di Rebibbia. Ha finito di scontare definitivamente la pena il 25 agosto del 2009 fruendo di uno di pena grazie all’indulto. A fronte di una condanna a trent’anni, ha scontato poco meno di 22 anni in carcere, essendo fuggito più volte dal carcere e avendo trascorso 11 anni di latitanza all’estero.

Facebook