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Risarcimento per ingiusta iscrizione tra i cattivi pagatori

Purtroppo sono sempre più frequenti i casi in cui si viene inseriti nei database come cattivi pagatori, senza esserlo. La colpa di questi episodi sarebbe da imputare a procedure, seguite dai vari istituti di credito, che spesso commettono errori, condannando chi finisce in questi sistemi, provocando un danno all’immagine non soltanto di imprese, ma anche di privati cittadini. Per invitare gli istituti a prestare maggiore attenzione, una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 16659/17 ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in capo all’impresa che è rimasta per due mesi nell’elenco dei cattivi pagatori, mentre la segnalazione nel database non aveva alcun fondamento. La banca, colpevole di aver inserito nel database l’informazione inesatta, deve risarcire l’impresa con 15mila euro.

Per i giudici di legittimità, infatti, se il danno all’immagine deve essere dimostrato, come ogni pregiudizio di natura non patrimoniale, è possibile provarlo per presunzioni, come deve ritenersi accaduto nel caso in questione. L’ingiusto inserimento nel database dei cattivi pagatori costituisce una reale interferenza sulle esigenze di accesso al credito che ogni impresa, naturalmente, ha. In sostanza, non si tratta soltanto di una perdita di occasioni di finanziamento, ma di una vera e propria lesione della reputazione sociale dell’impresa, condizione che ha certamente un’influenza negativa anche sulla reputazione delle persone che all’interno dell’impresa operano.

La speranza è che sentenze come questa possano stimolare una riflessione e una maggiore attenzione da parte degli istituti di credito che, forse con troppa superficialità, dimenticano spesso di avere a che fare con persone.

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