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Repressione Rohingya, scontro tra premi Nobel: Malala rimprovera San Suu Kyi

Malala invita San Suu Kyi a prendere posizione sulla questione.

In comune hanno molto Malala e San Suu Kyi: sono entrambe asiatiche, entrambe sono state perseguitate, entrambe sono premio Nobel per la Pace. La ragazza pakistana però esce allo scoperto e dal suo account twitter scrive: “Sto aspettando che anche San Suu Kyi condanni il tragico e vergognoso trattamento dei Rhoingya”

Chi sono i Rhoingya?

Si tratta di una minoranza etnica musulmana che nelle ultime settimane l’esercito birmano ha sottoposto a operazioni di ‘pulizia etnica’. Sono più di quattrocento le persone della minoranza musulmana che sono decedute nel nord del Paese. I profughi fuggiti dal Bangladesh sono circa settantamila. La denuncia di questa strage è giunta da varie organizzazioni per i diritti civili, che hanno accusato i militari birmani di commettere crimini contro l’umanità.

I tweet di Malala

Malala ha condannato più volte nel corso degli anni il trattamento vergognoso riservato ai Rhoingya. “Sto ancora aspettando – ha scritto sempre da twitter – che la mia compagna di Nobel per la pace Aung San Suu Kyi faccia lo stesso. Il mondo sta aspettando e i Rhoingya stanno aspettando”. Parole importanti che hanno attirato l’attenzione mediatica sull’atteggiamento dell’ex dissidente birmana.

Gli appelli di altre persone autorevoli

Anche altri vincitori del premio Nobel per la pace avevano già lanciato appelli al riguardo. Il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson, pur confermando pieno supporto a San Suu Kyi nell’azione intrapresa per rendere democratico il suo paese, ha messo in evidenza le conseguenze negative derivanti dalle persecuzioni a cui è stata sottoposta la minoranza islamica, ossia quelle di portare alla rovina la reputazione della Birmania. La giovane premio Nobel pakistana prosegue nei suo appelli: “Fermate le violenze. Oggi abbiamo visto immagini di bambini uccisi dalle forze di sicurezza della Birmania. Questi bambini non hanno fatto del male a nessuno, eppure le loro case vengono bruciate e distrutte. Se la loro casa non è in Birmania, in cui i Rhoingya hanno vissuto per generazioni, dov’è? I Rhoingya dovrebbero ottenere la cittadinanza birmana, il paese in cui sono nati”. Queste le sue accorate parole.

L’opera di San Suu Kyi

L’ex dissidente birmana, dopo essere a lungo stata prigioniera nel proprio Paese, agli arresti domiciliari, è riuscita a convincere i militari al potere in Birmania a concedere libere elezioni. Da esse è uscita vincitrice con il suo partito ed è diventata ministro degli Esteri e di altri dicasteri e poi Consigliere di Stato, carica corrispondente al nostro primo ministro. Quindi è di fatto un autentico leader. Ne ha fatta di strada dai tempi in cui studiava Politica, Filosofia ed Economia all’università di Oxford. Lo stesso corso a cui è stata ora accettata Malala e che per molti in passato ha rappresentato l’inizio della propria carriera politica. Un percorso simile quello delle due donne che ora si trovano su posizioni, stando ai fatti, ostili.

 

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