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Omicidio Yara: una foto potrebbe cambiare il destino di Bossetti

Claudio Salvagni, uno dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti, è stato intervistato da Claudia Bortolotti per parlare di quanto accaduto nel corso della prima udienza dell’appello a carico del suo assistito.

“Che Bossetti fosse adirato lo posso comprendere. Sono state ribadite infinite volte questioni già superate dalla sentenza. È stata nuovamente portata avanti la questione dei furgoni che la sentenza di primo grado ha praticamente smentito. È normale che l’imputato si arrabbi dato che non può disquisire del DNA”, ha dichiarato l’avvocato.

Sono vere le indiscrezioni secondo cui sarebbe finito il materiale per una nuova perizia?  “Questo lo dice un consulente dell’accusa, il professore Casari. “Ho ancora i campioni conservati nei frigoriferi”, lo ha detto un consulente dell’accusa. Il punto è che sono state consumate le due tracce migliori ma ci sono comunque altre tracce”.

In primo grado il pubblico ministero disse che non erano disponibili fotografie del campo in cui fu ritrovato il cadavere di Yara Gambirasio, ma nelle mani della difesa di Bossetti ci sarebbe proprio uno scatto del satellite, in grado di dimostrare l’assenza del cadavere un mese prima del suo ritrovamento.

“Che la procura giochi un po’ a nascondino risulta fuori discussione. Andrebbe chiesto a lei come mai non ci ha messo a disposizione tutti gli atti. Non è un derby, il pm deve trovare, insieme agli avvocati difensori, le verità processuali. Per noi è importantissima questa foto. Abbiamo sdoganato il processo penale 2.0. Abbiamo avuto la vicinanza di centinaia di persone che si sono interessate al caso. Ognuna a modo loro ha cercato di aiutarci. Gianluca Neri è riuscito ad entrare in possesso di questa foto che merita la massima attenzione”, ha commentato Salvagni. Secondo l’avvocato questa fotografia potrebbe cambiare le carte in tavola: “Va letta congiuntamente alle informazione di Peter Gill, il padre della genetica forense. Lui ci ha detto che prima di affrontare qualsiasi argomento sul DNA bisogna valutare che quella traccia, di quella purezza, non può resistere all’aperto per più di cinque o sei settimane. Abbiamo quindi unito la testimonianza a questa fotografia. Le due cose insieme ci fanno riflettere. Se quel corpo è arrivato lì poco prima del ritrovamento, invece che tre mesi prima come sostiene la sentenza di primo grado, direi che cambia completamente la storia. La sentenza sarebbe da riscrivere”.

 

Immagini concesse da Gianluca Neri

 

 

 

 

 

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