Con Lorenzo Marone tra le strade della città partenopea
Lorenzo Marone ha raggiunto il successo grazie al suo romanzo “La tentazione di essere felici”, ma prima di arrivare a comporre quell’opera si è lasciato andare alla creazione di uno dei giochi più coinvolgenti per un lettore. Ha saputo descrivere Napoli nel modo migliore, cogliendone gli aspetti positivi e quelli negativi, perché chi la vive sa bene che questa città sa essere dolce e amara allo stesso tempo. Perché questa città si divide costantemente tra due estremi: il sole della Napoli bene e l’oscurità fatta di persone dimenticate, lasciate ai bordi di strade dimenticate. E l’esistenza, in questa città contraddittoria, oscilla come un pendolo tra l’una e l’altra estremità.
Un vortice conduce il lettore lungo un percorso composto da novanta tappe, novante storie, ispirate alla Smorfia. I personaggi di “Novanta” sono sempre diversi, eppure sono accomunati dall’amore per la città in cui vivono e dalla voglia di emergere. C’è chi vorrebbe farlo affermandosi come criminale di quartiere, ma finisce per attirare soltanto l’ostilità del boss locale, e chi vorrebbe lottare per cambiare le cose, ma è costretto ad arrendersi per salvarsi; c’è chi si avvicina alla malavita perché ha bisogno di soldi e finisce a raccogliere i soldi del pizzo nei locali controllati dalla camorra e chi da questa viene ucciso soltanto perché si attarda e resta nel posto sbagliato. C’è un padre di famiglia, che dopo una giornata stressante addenta una deliziosa mozzarella, ignaro che il latte con cui è prodotto proviene dall’estero e del fatto che, proprio qualche giorno prima, un dirigente ha autorizzato alcuni operai a costruire su un terreno, al di sotto del quale è presente una falda acquifera, una piattaforma su cui adagiare cumoli di rifiuti. Quella piattaforma con il tempo si rovinerà e il percolato raggiungerà la falda acquifera, ma nessuno si rifiuta per paura di perdere il posto di lavoro. Che queste saranno le conseguenze lo sanno tutti, ma a loro non interessa: forse sperano di andare via.
Ma Napoli non è soltanto dipinta come luogo di morte delle speranze. Tra tutte queste storie c’è anche quella di un pensionato, che si reca all’ufficio postale per ritirare i pochi soldi cui ha diritto, e che viene derubato all’uscita, mentre stringe tra le mani un biglietto del Gratta-e-vinci. Uno dei rapinatori cinicamente gli dice di aver fiducia perché magari quel biglietto si rivelerà vincente. E sarà vincente davvero: il pensionato tornerà a casa ridendo perché questa volta la vita gli ha fatto proprio un bel regalo.
Tra le novanta storie c’è anche quella di una donna, che si trova a camminare per strada da sola e sente alle sue spalle i passi di un uomo: è convinta di essere seguita e prova ad accelerare il passo, ma indossa i tacchi e correre con quelli ai piedi sembra davvero un’impresa. Quando finalmente raggiunge il portone del suo palazzo e prova ad aprirlo, le chiavi cadono a terra. Il ragazzo che la seguiva l’aiuta: è un inquilino del palazzo che lei conosce molto bene.
Perché Napoli non è solo paura. Napoli è anche paura. Ed è proprio questo suo sapore dolciastro, con il leggero retrogusto amarognolo, a renderla così affascinante e proibita, come una donna che vorremmo amare, ma che siamo certi ci farà soffrire.