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Italia – Amianto killer, un tragico primato su mortalità e tumori, INPS prima responsabile per risarcimento

In Italia sono oltre 6.000 e 107.000 nel mondo i decessi per via delle diverse patologie asbesto correlate, percentuale superiore del 35% rispetto agli Stati Uniti come statisticamente accertato dal corrispondente internazionale Fabio Van Loon.

Un focolare inarrestabile, un bollettino di guerra con continue segnalazioni di casi di malattie da amianto.

Sono oltre 3.000.000  i  lavoratori esposti ad amianto, ma  il dramma è che,  in centinaia di istituiti scolastici e uffici pubblici costruiti utilizzando il  fibrocemento,   non sono intervenute le necessarie bonifiche per incapsulamento dell’amianto o, in casi di asbesto friabile , la rimozione con inevitabili  esposizioni  che sono continuate anche dopo il 1992.

Avendo la malattia un periodo di incubazione di circa 30/40  anni, coloro che sono stati inconsapevolmente a contatto con l’Eternit potrebbero essere a rischio di contaminazione.

 Già nel gennaio 2000 i primi ricorsi condannavano l’INPS che rifiutava di applicare l’art. 13 della L. 257 del 1992 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto).

La legge pone  al bando l’amianto stabilendo che i lavoratori a titolo di risarcimento devono ottenere un prepensionamento e per quelli già pensionati una rivalutazione delle prestazioni, pari al 50% del periodo.

Questi benefici sono riconosciuti dall’art. 13 della L. 257 del 1992, e sono attribuiti in base al comma 6 a coloro che hanno manipolato amianto nelle miniere e nelle cave di amianto; in base al comma 7 per coloro che hanno contratto una patologia asbesto correlata; e in base al comma 8 per coloro che sono stati esposti per più di dieci anni a concentrazioni superiori alle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative, anche se non si sono ammalati.

Il requisito delle 100 ff/ll non erano voluto dal Legislatore ma è stato imposto dalla Giurisprudenza.

Infatti, non essendoci state rilevazioni, sostanzialmente non c’era inizialmente uno strumento per dimostrare questi livelli espositivi, almeno secondo l’INPS, che quindi ha rigettato tutte le domande, tranne quelle per i lavoratori malati, per i quali questa soglia non si applica.

Ne è derivato un enorme contenzioso e quando poi è stato possibile accertare il superamento della soglia in più di 100.000 lavoratori, a questo punto, il Legislatore è intervenuto con l’art. 47 della L. 326 del 2003 e il beneficio è stato ridotto ad 1,25 con l’imposizione di presentare la domanda all’INAIL entro il 15.06.2005.

Molti lavoratori non sono stati informati e non hanno presentato la  domanda, ignari  anche del fatto che l’INPS non avesse applicato la Legge dello Stato.

La richiesta di godere di un diritto anche attraverso i  familiari, è un atto propedeutico all’ottenimento di un beneficio economico spettante e ben noto all’INPS.

Ma i problemi non sono finiti qui, perchè, mentre per alcuni c’è stata la salvezza del diritto perché hanno presentato la domanda all’INAIL in modo tempestivo, o perché in molti casi questa decadenza non si applica (sono quelli di cui all’art. 47 co. 6 bis della L. 326 del 2003 e art. 3 co. 132 della L. 350 del 2003), come chiarito dalla Corte di Cassazione, già con la sentenza 24998 del 2014, c’è stata poi la decadenza triennale, e ancora la prescrizione decennale che decorre dalla data della domanda all’INAIL, secondo l’ultima giurisprudenza, e poiché le domande sono state presentate ormai nel 2005, questa sembra essere la tagliola definitiva.

Al fine di tutelare un diritto, i lavoratori   affetti da una qualche patologia asbesto correlata,    in particolare mesoteliomi, tumori polmonari, alla laringe, faringe, esofago, fegato, colon, ovaio, asbestosi, complicazioni cardio-vascolari, placche pleuriche e ispessimenti pleurici, possono scegliere la via della tutela di cui all’art. 13 co. 7 della L. 257 del 1992.

Infatti,  è sufficiente dimostrare un danno da amianto, certo per chi è stato esposto nei luoghi di lavoro, basti pensare  ai marittimi, agli operai in fabbrica, ai funzionari di enti pubblici operanti in edificio costruiti con parti in amianto (uffici ministeriali, uffici istituzionali, …) , studenti che fino al 1992 anno frequentato istituti scolastici e universitari, operatori sanitari, operatori agricoli, operatori in altiforni.

In questi casi, dopo il riconoscimento del danno si ha diritto anche ai benefici amianto, con l’art. 13 co. 7 della L. 257 del 1992, evitando così tutta la corsa ad ostacoli dei benefici amianto con il comma 8.

Il Legislatore con l’art. 1 commi 250 della L. 232 del 2016 vuole  tutelare i più deboli,  e coloro che si ammalano e vengono riconosciuti affetti da patologie asbesto correlate possono andare in pensione subito.

 l’INPS non vuole applicare la Legge dello Stato in quanto manca il decreto attuativo, ingerenza politica?

Per ottenere l’accredito delle maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto bisogna depositare la domanda amministrativa ed  attendere che l’INPS si pronunci.

Se accoglie l’obiettivo è raggiunto, in caso contrario, di rigetto, ovvero silenzio / rigetto, si deve ricorrere al Comitato Provinciale INPS nel termine di 90 giorni, e quest’ultimo ha altri 90 giorni per pronunciarsi. La domanda amministrativa all’INPS va depositata anche se il lavoratore non ha il certificato di esposizione ad amianto rilasciato dall’INAIL.

Infatti la procedura amministrativa è un onere a carico dell’avente diritto, come condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, indispensabile per poter ottenere la condanna dell’INPS all’accredito delle maggiorazioni amianto. In caso contrario il Giudice dichiara l’inammissibilità.

Rigetto della domanda; fine del procedimento amministrativo. L’azione giudiziaria va iniziata entro 3 anni dal termine del procedimento amministrativo (che non può andare oltre i 300 giorni).

Ricorso giudiziario. Il ricorso al Giudice del lavoro, competente territorialmente, deve essere corredato da tutti gli atti amministrativi, dal curriculum, dalla documentazione clinica, da eventuali certificazioni rilasciate dall’INAIL e comunque da tutti gli atti del procedimento amministrativo INAIL, se e a qualsiasi titolo promosso (a seconda dei casi) e vanno comunque depositati tutti gli atti e i documenti, e richieste tutte le prove, pena la decadenza.

Il ricorso deve essere specifico, con descrizione dell’ambiente lavorativo, delle attività e mansioni, con riferimento all’aero-dispersione delle polveri e fibre di amianto e della loro inalazione, e quindi esposizione diretta, indiretta e per contaminazione dell’ambiente lavorativo. Vanno specificati i dati epidemiologici e, nel caso di ricorso ex art. 13 co. 7 della L. 257 del 1992, vanno acclusi anche i documenti medici e dimostrata la sussistenza della patologia asbesto correlata.

E’ necessaria la consulenza tecnica d’ufficio che permette la formulazione del giudizio presuntivo di superamento della soglia delle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative, per ogni anno e per oltre dieci anni.

 

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