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Innalzamento temperatura globale: l’estate 2017 potrebbe non essere un’eccezione

L’allarme è stato lanciato dai geologi dell’Università di Camerino e Ferrara.

“Negli ultimi 30 anni – hanno esordito gli studiosi – abbiamo assistito, in Italia, ad un aumento della temperatura media di circa 1.1°C. Nell’estate 2017 abbiamo registrato un’ulteriore “impennata”, di oltre 2 gradi, rispetto alla media climatica del periodo di riferimento 1971 – 2000.” In base a questi dati, gli studiosi hanno lanciato il preoccupante allarme riguardo l’innalzamento globale della temperatura.

I cambiamenti inevitabili

“Cambieranno ad esempio – hanno proseguito – le stagioni turistiche e agricole. Durante le future estati, con ogni probabilità avremo sempre meno acqua a disposizione. Di questo rischio dovremo essere consapevoli. Infatti dal momento in cui l’acqua da fusione delle nevi sarà meno abbondante e si infiltrerà meno nelle falde acquifere più superficiali e le precipitazioni piovose saranno sempre più intense e meno persistenti, la risorsa idrica sarà evidentemente meno abbondante e di qualità organolettiche peggiori.

Veneto, Emilia, Puglia e Sardegna

“Già adesso, in molte aree pianeggianti prossime alle coste, specialmente nella pianura veneta e emiliana, nella Capitanata pugliese e nel Campidano sardo, stiamo assistendo al fenomeno di ingressione del cuneo salino che porterà ad una minore disponibilità di acqua per l’irrigazione delle aree adibite ad uso agricolo con ovvie ripercussioni sulla loro produttività”. Così ha esordito il climatologo, Massimiliano Fazzini, docente dell’Università di Camerino e Ferrara, ricercatore, studioso di tali fenomeni ed esponente dell’Associazione Nazionale dei Geomorfologi Italiani.

Lo studio specifico del climatologo

Fazzini si è dedicato allo studio di tale fenomeno e sta conducendo al riguardo un’osservazione e un’analisi che durano da due decenni. “Dobbiamo iniziare a non sprecare l’acqua quando ci laviamo. In Sicilia, Sardegna e Puglia, dove non si ha la fortuna di disporre di importanti acquiferi fossili, si dovrà rapidamente valutare la possibilità di desalinizzare la risorsa idrica proveniente dal mare.”

Il centro Italia

Il prof. Fazzini ha spiegato, tenendo conto dei modelli climatici futuri, che il Centro Italia non dovrebbe avere problemi. Infatti considera gli eventi, come quello del lago di Bracciano, puramente eccezionali. “Evidentemente, però, si dovrebbe valutare la possibilità di costruire nuovi invasi montani” – ha proseguito il professore.

Il nord Italia

“Al Nord, per ora, il problema è  meno preoccupante, ma con la probabile ulteriore irregolarità delle precipitazioni, insieme a un evidente aumento dei periodi siccitosi in estate e il perentorio ritiro degli apparati glaciali, la situazione potrebbe cambiare. Si dovranno poi combattere tutte le estrazioni abusive dell’acqua in ambito agricolo ed industriale”.

La sperequazione tra Nord e Sud Italia

Fazzini ha evidenziato la sperequazione evidente tra Nord e Sud in merito a progetti di Piani di adattamento ai Cambiamenti Climatici. “L’Italia si sta dimostrando – ha spiegato lo studioso – uno Stato moderno in quanto è stata approvata la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici.”

Le misure adottate dal Centro Nord

“Molti comuni del Centro Nord stanno procedendo, tramite finanziamenti derivanti da progetti europei, alla stesura dei piani alla scala locale (es. “Life Sec Adapt”). Questi piani conterranno soluzioni per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico in atto, ma anche campagne di educazione ambientale contro lo spreco della risorsa idrica. Includeranno il razionamento dell’acqua, ma anche interventi strutturali ed infrastrutturali. Ad esempio, tra le varie iniziative previste nel piano “Blue Ap”, la città di Bologna ha già previsto di ridurre d’estate la risorsa idrica pro capite da 145 a 110 litri di acqua al giorno.” Così ha sentenziato lo studioso.

L’immobilità del Sud

“Purtroppo, mentre il Centro Nord si muove, il Sud è quasi totalmente fermo. Nessun comune del Sud ha elaborato un Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e solo alcune realtà delle regioni Abruzzo e Puglia hanno iniziato ad associarsi per dare inizio a queste procedure.”

La neve in Italia

Vanno osservate anche le precipitazione nevose. Nella stagione invernale 2016 – 2017, le precipitazioni nevose si sono mediamente ridotte del 50 al 70%.

Le scarse precipitazioni nevose

“Possiamo dire che in sostanza in Italia è davvero nevicato poco, ad eccezione delle Alpi nord-occidentali. Tali precipitazioni si sono concentrate in pochissimi episodi. Sono inoltre mancate le importanti nevicate primaverili. Durante l’estate meteorologica appena terminata, – ha argomentato il prof. Fazzini – la quota media dello zero termico si è attestata intorno ai 3600 metri contro i 2900 metri tipici dell’ultimo trentennio. Entro 30 anni è poi molto probabile che i piccoli ghiacciai alpini di circo, che rappresentano ben l’80 per cento dei nostri ghiacciai, scompariranno del tutto.”

Il sistema morfoclimatico glaciale

“Il sistema morfoclimatico glaciale ha risentito e sta tuttora risentendo – ha continuato Massimiliano Fazzini – di tale persistente anomalia termo – meteorica Per questo abbiamo l’estate più critica dal secondo dopoguerra, peggiore anche dell’estate 2003. I fenomeni che stiamo registrando potrebbero essere molto preoccupanti perché, come prima evidenziato, le precipitazioni estive stanno divenendo più rare ma più intense e irregolari – a prevalente carattere di rovescio anche temporalesco sino alle quote sommitali – con conseguenze notevoli sul dissesto idrogeologico sulla catena alpina.”

Lo scioglimento del permafrost

“Alle quote più elevate, il permafrost si sta sciogliendo sempre più rapidamente. Le frane di Pizzo Cengalo che si stanno registrando in questi giorni sono infatti da legarsi soprattutto al fenomeno dello scioglimento del permafrost”. Parole preoccupanti queste di Fazzini.

I rischi di tali cambiamenti: il dissesto idrogeologico

“La sequenza dei giorni continui senza precipitazioni in Italia, varia dai 25 giorni della Pianura Padana ai 40 della Capitanata Foggiana. Però negli ultimi 25 anni essa è mediamente aumentata del 15%, con conseguenze che rischiano di essere drammatiche per le località turistiche e l’agricoltura. Quanto alle precipitazioni estive, nel nuovo millennio, i giorni di pioggia si sono ridotti anche in montagna. Nella montagna appenninica, in misura del 15 – 20%. Invece, sulle Alpi, si registra un aumento medio del 10% di precipitazioni, anche se il segnale è mal distribuito dal punto di vista spaziale. Lo scioglimento rapido primaverile del manto nevoso e il ruscellamento diffuso delle abbondanti e persistenti precipitazioni autunnali – ha evidenziato Fazzini – potranno determinare un’amplificazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico.”

Alluvioni e frane

“Inoltre potranno esserci importanti eventi alluvionali e franosi, già in questo autunno, in un Paese estremamente suscettibile e vulnerabile, con aumento esponenziale del rischio associato. Dunque, alla resa dei conti, aumenta il rischio idrogeologico e diminuisce la disponibilità della risorsa acqua fossile.”

Le conclusioni

“Siamo in presenza della seconda estate più calda dal Secondo Dopo Guerra ad oggi, dopo quella del 2003. Con tutta l’energia a disposizione del sistema terra –mare – atmosfera, le prime avvezioni di aria fredda di origine atlantica o polare causeranno una forte destabilizzazione dell’atmosfera con precipitazioni molto intense e prolungate nel tempo. Eventi anche estesi temporalmente 3 – 4 giorni in caso di “blocking” sinottico”.

C’è sicuramente da riflettere sulle parole del Prof. Fazzini. Tutti noi dovremmo fare molto di più per limitare questo processo in atto.

 

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