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Diffamazione sui social: anche chi condivide il contenuto è colpevole

Il codice penale italiano, dall’art. 595, sanziona il reato di diffamazione: «Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro. Se è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad 516 euro. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate».

Proprio in merito al reato di diffamazione è da poco arrivata una sentenza del Tribunale distrettuale di Zurigo che si rivela molto importante, soprattutto per chi utilizza assiduamente i social network e si trova quotidianamente a condividere contenuti o esprimendo “like”. Secondo i giudici, infatti, anche un “like” espresso ad una pagina o a un commento diffamatori o ingiuriosi può giustificare una condanna. È il caso di un uomo che aveva accusato l’animalista Erwin Kessler di essere “antisemita” ed è stato condannato per diffamazione.  Secondo l’accusa, l’uomo non avrebbe soltanto usato appellativi come “antisemita”, “razzista” e “fascista”, ma anche condiviso contributi di altre persone con commenti analoghi.

Gli appellativi sono stati considerati dai giudici lesivi dell’onore dell’animalista, anche nei casi in cui l’uomo si era limitato a condividere contenuti pubblicati da altri utenti. Attraverso tali condivisioni, infatti, l’uomo ha permesso a un gran numero di persone di conoscere giudizi penalmente perseguibili. In sostanza, ciò che da questa sentenza emerge è che non è necessario essere autori di un commento lesivo per essere potenziali colpevoli di un reato, ma è sufficiente rendere palese il proprio consenso ad un contenuto lesivo.

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