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A vent’anni dalla morte di Falcone e Borsellino necessario diffondere cultura della legalità

Sono già passati 20 anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due uomini di legge e di giustizia. Il maxi processo relativo ai gravi fatti di mafia si concluse nel 1987 con 19 ergastoli e un totale di 2.665 e segnò la prima sconfitta per a criminalità organizzata.

«Sarebbe lungo l’elenco dei servitori dello Stato che hanno sacrificato la loro vita per combattere la mafia», ha sottolineato l’assessore Vittorio Bugli nella diretta di Rai Tre Toscana “Buongiorno Regione” in un intervento sulla legalità. Intervenendo in Consiglio regionale ha ricordato che «Celebrare non significa solo ricordare questi servitori dello Stato, il loro lavoro e onorarne la memoria. Significa anche ribadire il primato dello sforzo per affermare la legalità. Un no alla mafia che serve anche a sottolineare l’attualità della lotta alla mafia». Una lotta attuale, come confermano le confische di beni anche nella regione Toscana: 348 immobili e 44 aziende.
«Solo 52 immobili e due aziende sono già destinati, gli altri aspettano e sono in gestione presso l’agenzia nazionale istituita nel 2010. C’è una legge, approvata nel 1996 a seguito di una petizione popolare, che consente l’uso per finalità sociali di questi beni. Segue ad un’altra legge altrettanto importante, del 1982, che aveva introdotto lo strumento della confisca. In questo modo si sono potute colpire al cuore le associazioni criminali. Ma l’attuale sistema mostra una serie di limiti piuttosto evidenti», ha sottolineato ancora Bugli.
«Vendere i beni confiscati dovrebbe essere solo un’ipotesi residuale e fortemente controllata. Un principio va ribadito con forza: i beni confiscati rappresentano una risorsa e la priorità resta il loro utilizzo per finalità di carattere sociale, come strumento di riscatto e per affermare in modo credibile e concreto la presenza dello Stato», ricorsa l’assessore. Una lotta all’illegalità, ma anche affermazione della cultura della legalità, che è fatta di memoria e di iniziative nelle scuole e che si costruisce anche attraverso i giovani che d’estate lavorano le terre confiscate alla mafia.

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