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#Tomaino: per i Gip di Catanzaro e Viterbo non è stato un #suicidio

VITERBO – Claudio Tomaino – l’uomo che si suicidò nel carcere di Mammagialla, dopo l’arresto per plurimo omicidio volontario – fa ancora parlare di sé anche da morto poiché le indagini per il gip di Catanzaro Barbara Saccà e per lo stesso gip di Viterbo, Savina Poli, che hanno negato le richieste di archiviazione dell’accusa, sono tutte da rifare perché per i giudici per le indagini preliminari il suicidio non risulterebbe essere tale, come da sempre afferma anche la madre del Tomaino, Maria Cecilia Pane.
Il giovane era stato accusato di aver ucciso, il 27 marzo del 2006, in una zona rurale di Caraffa (Catanzaro), l’infermiere Camillo Pane, la moglie Annamaria, la figlia diciottenne Maria e il figlio ventenne Eugenio. Le vittime erano, rispettivamente, zii e cugini di Tomaino, che avrebbe sparato per un movente legato ad un debito contratto e mai saldato allo zio, nell'ambito di un contesto di aste giudiziarie mai del tutto chiarito. Tomaino si sarebbe suicidato in carcere una manciata di giorni prima dell’udienza davanti alla Corte d’Assise. A cui lui non si presentò mai, soffocandosi all’interno della sua cella.
Per il gip Saccà, in linea con la collega viterbese, appare ''necessario procedere ad accertamenti tecnici sulle tracce biologiche presenti sul cuscino e sul lenzuolo in sequestro, nonché verificare se siano presenti tracce biologiche all'interno della busta di plastica sul fornello in sequestro e verificarne la natura, se rinvenute. E' poi necessario – scrive ancora il gip – sentire a sommarie informazioni Pane Maria Cecilia in ordine alle lesioni che la donna afferma di aver notato sul corpo del figlio Tomaino Claudio nei giorni precedenti il decesso, verificando, altresì, presso il carcere in cui il detenuto era ristretto, quale siano state le giornate in cui la Pane, prima del decesso, ha avuto colloqui con il figlio’’.

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