Nonostante la legge stabilisca che i tempi di attesa per le visite specialistiche nelle strutture pubbliche non debbano superare i 30 giorni e quelli per sottoporsi a esami diagnostici non debbano superare i 60 giorni, sono spesso troppo lunghi e i cittadini si trovano a dover decidere tra tre soluzioni: rassegnarsi all’attesa, rivolgersi ad una struttura privata o recarsi fuori dalla propria regione. Ci si lascia trasportare dalla constatazione che il diritto alla salute non sia tanto tutelato dallo Stato, nonostante il lauto contributo che i cittadini versano ogni anno, ma una soluzione alternativa esiste. Un decreto legislativo del 1998 (d.lgs. 124/1998) riconosce al cittadino il diritto a conoscere la data entro cui avverrà la visita medica o l’esame diagnostico nonché il tempo massimo di attesa. Qualora la prestazione medica non possa essere erogata entro i tempi stabiliti dalla legge (60 giorni per le visite specialistiche; 30 giorni per gli esami), l’utente può chiedere che la stessa sia fornita dal medico in intramoenia, senza costi aggiuntivi al ticket pagato.
All’utente sarà sufficiente presentare una richiesta, in carta semplice, per «prestazione in regime di attività libero-professionale intramuraria», in cui dovrà indicare i propri dati e le nformazioni princicpali in cui gli è stato prescritta la visita o l’esame;che il CUP gli ha comunicato l’impossibilità di procedere alla prenotazione della visita richiesta prima della data xx/xx/xx;
a causa della prestazione urgente non è possibile rispettare i tempi di attesa indicati dal CUP; il richiamo al decreto legislativo n. 124 del 1998, che all’art. 3, co. 10, prescrive che i Direttori Direttori Generali disciplinino i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta e l’erogazione delle prestazioni;
bisogna pertanto prestare la richiesta, in regime di attività libero-professionale ovvero con prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 1998 art. 3, co. 13;che venga fornito un riscontro immediato.
L’utente, inoltre, dovrà comunicare nella domanda così compilata che, in mancanza di soddisfazione della stessa, potrà rivolgersi ad una struttura privata, chiedendo successivamente un rimborso da parte dell’ASL.
Ma i tempi di rimborso quali sono?
In taluni casi molti cittadini hanno rinunciato per tempi e prolissità burocratiche.-
Il Tribunale a difesa del malato
Da ultimo, il Tribunale di Castrovillari, nella sentenza n. 1112 del 2013 ha riconosciuto al paziente che sia costretto a rivolgersi a cliniche private non convenzionate a causa dei lunghi tempi di attesa nelle strutture pubbliche, il diritto al rimborso delle spese purché queste prestazioni apportino benefici alla salute, in ragione delle condizioni del paziente e, naturalmente, che non sia possibile sottoporsi a prestazioni dello stesso tipo presso strutture pubbliche o convenzionate oppure non sia possibile farle entro i tempi previsti per legge.
Il giudice ha cercato, in questo modo, di ripristinare la tutela del diritto alla salute che molti cittadini vedono leso ed in molti casi le lesioni difentano fisiche ed irreparabili, a causa di lunghe attese ovvero un ramo inestirpabile della malasanità italiana.