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La tragedia di Vasto. Due lati della stessa medaglia.

Da un lato, Roberta, una vita strappata da un motociclista spericolato. Dall’altro, Italo, una vita spezzata dalla vendetta di un marito in lutto. Ma torniamo per un momento all’inizio di questa vicenda. Per una volta, però, la colpa non è della giustizia italiana. Italo è un ragazzo di 20 anni, forse un po’ incosciente con la moto come tanti giovani della sua età, ma un giorno commette un errore, il più grande della sua vita. Investe e uccide Roberta. La polizia interviene e lo denuncia a piede libero. Omicidio stradale. La giustizia si muove celermente e il giudice fissa l’udienza preliminare in tempi relativamente brevi ma, nel frattempo, il dolore scava dentro Fabio. La perdita della moglie è un dolore troppo forte, si convince che la giustizia non sta facendo ciò che deve ed il proposito di vendetta, coltivato giorno dopo giorno, alla fine ha la meglio. Fabio prende una pistola, aspetta il ragazzo all’uscita di un bar e gliela scarica addosso. Poi, finalmente in pace con sé stesso, si reca sulla tomba della moglie, posa la pistola e si costituisce ai carabinieri. Due vite interrotte. Questo il tragico bilancio di morte degli eventi. Ora un processo si è chiuso prematuramente, quello per omicidio stradale ai danni di Roberta ed un altro si è appena aperto, quello per omicidio premeditato ai danni di Italo e probabilmente il conto delle vite rovinate salirà a tre, perché l’omicidio compiuto da Fabio terminerà con un “Fine pena: mai”.

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