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Una vita strappata in #convento

I numeri delle suore in fuga dai conventi sono in aumento.
Ai microfoni di ECG su Radio Cusano Campus, Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio hanno intervistato una ex suora che si è da poco convinta ad abbandonare il convento.
La donna racconta di essere cresciuta con i nonni, perché i genitori lavoravano in Svizzera.
Quando aveva 12 anni sua madre era tornata in Italia ed aveva deciso di riprenderla con lei.
Alla domanda riguardo al primo contatto con la religione la ex suora racconta “di pomeriggio, negli anni in cui vivevo con mia madre, andavo da una sarta dove ho conosciuto una suora. Avevo circa 13 anni. Questa suora mi faceva il lavaggio del cervello, mi ripeteva in continuazione che sarei dovuta andare in convento, che avrei dovuto conoscerle, perché la vita da suora era molto bella”.
La scelta di entrare in convento era avvenuta al compimento della maggiore età, a causa dei maltrattamenti subiti in casa ma anche e sopprattutto dietro le pressanti insistenze della suora incontrata in casa della sarta. 
La donna infatti spiega “a 18 anni dopo una violenta litigata con mia madre sono scappata di casa. Mia madre mi maltrattava. La suora, saputo della situazione, mi ha cercato e ha trovato dove ero nascosta. Da lì ha ricominciato a venirmi dietro, a invitarmi a vedere come vivevano le suore, da lì in poi ho iniziato ad andare in convento. I primi mesi andavo solo il fine settimana, poi dopo aver terminato le superiori sono entrata e ho fatto l'anno di discernimento, un percorso in cui si entra nella vita delle suore, si inizia il cammino spirituale e il cammino di vita spirituale con le suore. Le mie amiche mi dicevano di lasciar perdere, nessuno ci credeva, tutti mi dicevano che sarebbe stato un passo sbagliato, ma ormai la suora mi aveva fatto il lavaggio del cervello”.
L'oramai ex suora ricostruisce poi la routin quoidiana che la accompagnata da quel momento: “la mattina c'è la preghiera collettiva, il pomeriggio la preghiera individuale. Ognuno ha il suo da fare. Passato l'anno di discernimento, io mi sono convinta di avere la vocazione”.
Col passare degli anni però aggiunge “ho iniziato a sentirmi sempre più triste, una tristezza che sentivo dentro, un vuoto che aumentava giorno dopo giorno. Dopo aver preso i voti semplici ho iniziato a manifestare la volontà di tornare sui miei passi, ma in quel momento sono iniziate le pressioni. Ho detto alla mia superiora che forse non avevo la vocazione, che forse sarebbe stato il caso di andarmene. Lei ha proseguito il lavaggio del cervello, mi dicevano che io non vedevo il cammino, che loro erano la mia luce. Sono stata plagiata. La vita in convento per una ragazza tra i 18 e i 20 anni è molto complicata. Con il passare degli anni poi, ha iniziato a pesarmi anche la mancanza di affettività”.
Sull'omosessualità in convento dice “queste cose si nascondono. Io non ho avuto esperienze in questo senso. Avevo tante amiche suore in convento che come me sognavano di andarsene. Nella mia comunità ce ne erano almeno 4, ma alla fine sono stata l'unica ad uscire”.
Per combattere la voglia di scappare l'hanno mandata anche in missione in Brasile dove gestiva un istituto di 300 bambini.
“Dopo un anno, però, ho richiesto di nuovo di uscire dalla congregazione. Non ce la facevo più. Io stavo bene nel lavoro, ma non mi ritrovavo più nella vita religiosa. In quel momento ho detto basta, ma per tre anni non mi hanno fatto uscire dal convento. Quando io dicevo che me ne volevo andare, mi rispondevano sempre che dovevo aspettare sei mesi. E' andata avanti per tre anni questa storia. Mi hanno fatto ritornare in Italia e mi hanno fatto iniziare un cammino con uno psicologo, che è durato un altro anno. Mi hanno detto che sarebbe servito a farmi capire che avevo la vocazione. Lo psicologo ha cercato di compiere un'opera di convincimento su di me riguardo alla mia vocazione. Per fortuna non sono riusciti a farmi cambiare idea, nonostante tutte le pressioni”
Quando le viene chiesto come si è sentita a lasciare il convento dopo 16 anni la donna risponde “Uscire dal convento è stato un salto nel buio, mi sono ritrovata senza casa, senza lavoro, avevo solo un vestito da suora con me. E' come creare un'altra identità, una nuova vita, da zero. Mi sono ritrovata da sola, dopo sedici anni di convento. Ho reagito, ho cercato un lavoro, per questo ora sono a Roma. Adesso faccio la domestica, Ora quando mi capita di entrare in chiesa sento il vuoto”.

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