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I giudici bloccano Trump

Il neopresidente Donald Trump, venerdì scorso, ha firmato un ordine esecutivo con il quale ha disposto, per quattro mesi, il blocco dell’accesso dei rifugiati in Usa e sospeso per tre mesi gli ingressi dei cittadini provenienti da sette paesi islamici (Iraq, Iran, Siria, Somalia, Sudan, Libia e Yemen), giudicati a rischio terrorismo. 
Immediate le proteste dei cittadini americani, che hanno manifestato negli aeroporti chiedendo il “rilascio” dei migranti fermati e l’accoglienza dei rifugiati. 
La risposta dei giudici federali, alla pioggia di ricorsi presentati, non si è fatta attendere.
Un giudice federale di New York ha infatti ordinato “la sospensione d'emergenza” di parte degli ordini esecutivi, in particolare il provvedimento che vieta l'ingresso negli Stati Uniti a tutti coloro che arrivano con validi visti dai sette paesi della black list di Trump. Il giudice non ha però stabilito che queste stesse persone debbano essere ammesse negli Stati Uniti ne' ha emesso un verdetto sulla costituzionalita' dell'ordine esecutivo del presidente. 
Il ricorso contro l'ordine era stato presentato a Brooklyn a nome di due rifugiati iracheni, che erano stati detenuti all'aeroporto JFK nonostante avessero ricevuto regolare asilo e fossero in possesso di validi visti, dall'Aclu (American Civil Liberties Union).
Analoghe decisioni sono state emesse dai giudici di Massachusetts, Virginia e Washington. 
Oltre alle decisioni dei giudici federali, i governatori di 16 Stati hanno diffuso una nota congiunta nella quale condannano aspramente la decisione presidenziale. 
Tra le voci di protesta si leva anche quella del ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif che ha fatto sapere su Twitter “#MuslimBan sarà ricordato nei libri di storia come un grande regalo agli estremisti e ai loro sostenitori”, perchè “la discriminazione collettiva aiuta il reclutamento dei terroristi, approfondendo le divisioni sfruttate dai demagoghi estremisti per accrescere i propri ranghi”, mentre “la comunità internazionale ha bisogno di dialogo e cooperazione per affrontare alla radice la violenza e l'estremismo in maniera globale e inclusiva”.

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