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Charlie Hebdo, l'approfondimento

Charlie Hebdo, in tempi di Isis ancora se ne parla. La strage avvenne una mattinata di febbraio, maledetta, di 4 anni fa, nel clima di contenimento del terrorismo. Ci fu contenimento del terrorismo è la gente fu talmente spaventata da rimanere dentro casa per settimane. Ecco cosa successe in realtà, nei numeri. Diciassette terroristi si schierarono in una Parigi assonnata, mattiniera, (erano appena le nove del mattino), per uccidere i redattori di una piccola redazione parigina, la Charlie. Due erano schierati sui tetti, sette davanti alla redazione, quattro in strada, gli altri per tutta Parigi.
Schierati per tutta Parigi dalle 7.45 del mattino. Attesero così tanto per muoversi perché la gente era già in strada e non volevano far rumore.
Quella mattina c'erano 14 redattori in redazione, e le persone erano già in piedi per andare a lavorare. Bastò il primo colpo di kalashnikov per far rimbalzare la notizia su tutte le cronache. Tutto qua, il primo colpo di kalashnikov si ebbe in strada, alle otto del mattino, e risuonò per tutta la via. 14 i passanti a terra. Un morto. Poi la redazione, e la caccia all'uomo. 14 redattori in redazione tra cui 7 morti.
Sette morti e 14 a terra che cercavano una spiegazione a quello che stava succedendo. Il primo. Il primo di kalashnikov, dicevamo, risuona in una Parigi sveglia. Una Parigi tutta in piedi  per seguire le vicissitudini di una redazione su cui avevano gettato una maledizione, quelle vignette che tanto fecero e avevano fatto scalpore. Quattro terroristi scappano, ma gli altri vengono freddati dai cecchini, sul colpo, senza disperdio di persone umane. Gli altri si disperdono in Francia, a Parigi, in Thailandia perfino, per sfuggire alle forze dell'ordine, e ce la fanno. Ma verrano acciuffati tutti. Tranne due, su cui ancora siamo ancora alla caccia. Uno-due perché non sembra, ma uno è davvero il diavolo in persona, ed è inarrivabile.
Uno-due perché uno dei due, per l'appunto, è confinato nel rango del sogno. Esiste davvero il quarto uomo? Era lui dal tunnel, alle 7.45, a urlare al capo dell'antiterrorismo francese, allora non ancora nominato, “Attentato, attentato”. Sapete, dicono gli inquirenti francesi, il mondo non è più pieno di megalomani. Cioè: se ti dicono che c'è un attentato è perché quell'attentato è vero, e non c'è più la caccia al lupo inventato. “Bisogna crederci sempre e avvertire le autorità competenti “, ci dicono sopra le righe. Ma torniamo alla strage di Charlie Hebdo, che tante vite ha messo “al rogo”. Chi è questo uomo che scappa? È Chercawuoi, che tornerà presente nella strage della Francia del Sud. Cosa succede mentre si svolge l'attentato in redazione? In redazione è una mattinata come le altre, e la calma regna sovrana. Regna sovrana come tutte le altre mattine del mondo. C'è un filodiffusore russo che da' le ultime notizie, e aggiorna la gente del popolo su quello che succede. E su cosa si sta svolgendo in quel momento nel mondo, su cosa accade realmente. Usano quella per fare le notizie, la usano e consumano vignette divertentissime, nello spirito francese, ma spietate, anche in arabo. La usano è ancora si chiedono come fare a scampare il pericolo del terrorismo. La usano e si chiedono dove riparare i colpi del kalhashnikov. Loro sono arabi, e addestratissimi. E vanno a caccia di assassini. Vanno a caccia di assassini della jihad. E questi nostri piccoli eroi lo sono. Tutti abbiamo visto una matita spezzata  sulle prime pagine dei giornali. È per settimane, i media sono andati avanti a parlarne. Quattordici fiori per Parigi. Charlie, sei ancora nei nostri cuori.
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