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“I nomi delle #automobili” – un'intervista all'autore

Roma, 1 gennaio 2017
“I nomi delle automobili”, questo il titolo della nuova ed originale pubblicazione del professor Enzo Caffarelli, direttore della “Rivista Italiana di Onomastica”. Dopo numerose pubblicazioni sull’onomastica italiana, tra le più famose ricordiamo ‘Dimmi il tuo nome e ti dirò perché: storie di nomi e cognomi’, ‘Roma e il Lazio nome per nome’  , il professor Caffarelli ritorna con un studio storico e culturale dell’onomastica dell’automobile. Dalle origini ai giorni nostri, il libro presenta esclusivi aneddoti sulla storia dei nomi nel mondo delle macchine. Ecco alcune delle domande che il quotidiano ha rivolto all’autore:
1.) Lei ha scritto numerosi libri sull’onomastica, per Lei questo libro è solamente uno studio letterario dei nomi o simboleggia una vera e propria passione per le auto? Cosa, quindi, l’ha portata a voler fare uno studio dei nomi delle auto?
A parte il dizionario dei cognomi e lo studio sui nomi della città di Roma negli ultimi due secoli, cerco di dedicarmi a repertori la cui onomastica è stata studiata poco o per nulla. È il caso delle automobili, nelle quali non solo dal punto di vista storico, linguistico e culturale, ma anche sociale, di costume, e ancor più economico, il nome ha una grande importanza.
2.) Come si spiega il fascino da parte delle case automobilistiche straniere per i nomi italiani?
Nel libro ho messo in evidenza varie ragioni. Il prestigio dell’industria automobilistica italiana, specie delle auto da corsa. La scelta di nomi che appartengono ad àmbiti dove l’italiano è utilizzato in tutto il mondo, come la musica classica e l’opera. Il lessico italiano che si presta a fornire parole facilmente leggibili e pronunciabili in molte lingue del mondo.
3.) Qual è il motivo più comune della scelta di un nome di un’automobile?
A parte il periodo pionieristico, diciamo fino agli anni 20 del ’900, il nome deve possedere tutte le qualità che il mercato richiede: aderenza al prodotto, facile memorizzazione, rassicurazione del cliente, eufonia, simpatia… Dunque i produttori attingono spesso a toponimi di prestigio come luoghi di vacanze di lusso, o sedi di circuiti e gare. Oppure optano per metafore allusive alla potenza e alla velocità: ecco allora nomi di animali, di vènti, di astri, di fenomeni atmosferici. In alcuni casi scelgono nomi personali, specie femminili. L’automobile, parola nata come maschile, è diventata presto femminile e dunque può giustificarsi questo orientamento anche al di fuori di una prospettiva maschilista (che si esprimeva per esempio con l’infelice slogan “donne e motori…”). Ma sempre più spesso i nomi sono di pura fantasia, oppure evocano luoghi, eventi, popolazioni sconosciuti a più: è il fascino dell’esotico…
4.) Le scelte dei nomi cambiano nei paesi asiatici?
La crescita esponenziale dei mercati giapponese e coreano prima, e poi anche cinese e indiano, hanno portato molte novità nel mondo dell’automobile. Quanto ai nomi, direi che le case asiatiche attingono un po’ dappertutto, e molti dei nomi italiani (o latini) di cui si diceva prima sono scelti proprio in Asia. Il punto fondamentale è che oggi un’auto è pensata per tutto il mondo e dunque deve rispettare le regole di ogni lingua. Sono ben noti i casi in cui un modello ha dovuto cambiare nome in questo o quel Paese perché in una certa lingua aveva un significato disdicevole, volgare o portasfortuna.
5.) L’Alfa Romeo Giulietta è davvero nata dalla battuta di un principe russo come si legge in molte fonti, anche in rete?
Tra i molti aneddoti sulla scelta dei nomi delle auto, quello della Giulietta è uno dei più curiosi. Si racconta che, a cena a Parigi, alcuni dirigenti dell’Alfa e il poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli vennero avvicinati da un russo, un principe decaduto che si guadagnava la vita raccontando storielle e intrattenendo gli avventori del locale. Visto il gruppo, chiese pressappoco «Siete tutti Romei o c’è anche una Giulietta?». L’unica donna al tavolo era la moglie del Sinisgalli. Di lì l’idea, ma il nome del nuovo modello restò segreto sino al giorno della presentazione ufficiale della Giulietta.
6.) Secondo Lei, qual è la casa automobilistica che ha usato i nomi più interessanti dal punto di vista linguistico, storico e/o culturale?
Domanda complessa e risposta opinabile. Ma in Italia scelgo la Lancia, per la ricchezza e la modalità delle scelte: le lettere e le altre parole greche, i nomi femminili incrociati e sovrapposti con i nomi delle strade consolari romane, le vicende legate ai nomi della retorica fascista come documento storico, gli aneddoti legati a denominazioni come Stratos, i ripescaggi di nomi storici anche per modelli del tutto diversi dagli originali… Ma vorrei anche citare i repertori monotematici, come i vènti della Maserati o l’insistita taurofilia della Lamborghini.
7.) Cosa spinge una casa automobilistica ad usare i numeri e/o le sigle per il nome di una macchina se non per specificare le dimensioni del motore? Come ad esempio le Alfa Romeo 164, 156, 33 stradale, la Jensen 541R o la Ferrari 275 GTB?
I numeri e le sigle alfanumeriche indicano anche l’altezza, la lunghezza o altri particolare della carrozzeria, possono ricordare date importanti per la storia dell’azienda, possono corrispondere al numero con cui era classificato il progetto da cui è nato il modello. Anche i numeri hanno le loro storie e i loro aneddoti, per esempio lo zero centrale dei numeri della Peugeot che in origine era il foro per la manovella d’accensione. Si dice che le auto di lusso preferiscano i numeri e le utilitarie il nome pieno: in realtà non è proprio così. La mia ricerca mostra che è difficile fare affermazioni decise. Da qualsiasi parte vogliamo considerare l’onomastica automobilistica, incontriamo sempre un mix di tante cose.

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