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Aiuti per le ennesime vittime del #sisma. Ma la #prevenzione può cambiare il mondo

È noto per essere “il Paese di Pulcinella”. Una maschera antica e divertente, ma che nasconde cialtroneria e superficialità. ‘Campiamo per campare’, da queste parte il detto ‘docet’. Insegna che bisogna saper vivere oggi appieno, perché domani non sappiamo cosa potrà accadere.
Nella saggezza del Carpe Diem oraziano tutto torna. ‘Cogli l’attimo’, perché ricco e tangibile, il domani non ci appartiene. Il gesto del ‘cogliere’ è diverso da quello dell’afferrare’, è saggio, è ponderato. Ma ognuno ‘prende’ – coglie, afferra – le cose come vuole, e in questo Bel Paese sembra che ci sia una cultura di ‘dove colgo colgo’. E come ti viene, senza pensarci, si va avanti per ‘campare’ e domani ci si pensa. Come scrisse Lorenzo Il Magnifico nella Canzona di Bacco “Chi vuol esser lieto, sia, di diman non c’è certezza”. Questa carnevalesca e pittorica citazione forse si addice come un abito su misura – o meglio come un perfetto Stivale.
Qualcosa ci sfugge di mano. E le vite che si spengono per la noncuranza, la superficialità e il ‘domani si pensa’ non possono aumentare.
In un mondo in cui la tecnologia cammina avanti e l’uomo la rincorre, non si possono vedere accadere cose del genere. Altri morti, altri terremotati. Perché se guerra e violenza possono essere fermate solo con una cultura di massa volta al bene comune – impresa più difficile della formazione del Pianeta Terra – i terremoti possono essere ‘fermati’. È davvero possibile ‘fermare’ un fenomeno naturale? Sì, con la prevenzione. Una magica parolina – ‘prevenzione’ – che conferisce agli esseri umani la capacità di cambiare il percorso degli eventi, delle disgrazie e in molti casi della morte. Sì, è possibile. Quello che invece risulta essere davvero strano – curioso, paradossale, per non dire assurdo – è: perché ci ritroviamo a dover rimettere in piedi intere città che crollano quando, nel XXI secolo, possiamo costruirle in modo che non crollino?
Questa è la domanda delle domande. Dopo il tragico sisma avvenuto il 24 agosto 2016 in alcune zone del centro Italia, in particolare Accumoli, Amatrice, Pescara del Tronto letteralmente rase al suolo, viene solo in mente una parola: basta. Basta vittime scavate tra le macerie, basta bambini da cercare sotto i frantumi di città che non esistono più. Basta, basta, basta. Soprattutto perché, forse, tutto questo si può ‘prevenire’.
Esistono alcune zone al mondo che vengono definite “ad alto rischio sismico”. Il centro Italia è una di queste. Il motivo si spiega nella sua posizione geografica, in quanto sita nella zona di convergenza della zolla africana con quella eurasiatica. Il giornale web ‘The Post Internazionale’ ha riportato in un articolo l’intervento di Fabio Tortorici, presidente del centro studi dell’Istituto di geologia italiano: “L’Italia in media può aspettarsi un terremoto di magnitudo 6 o superiore ogni quindici anni. Questo dovrebbe incoraggiare una maggiore cultura della prevenzione pubblica per garantire la sicurezza dei civili”. Quello dello scorso 24 agosto ha avuto una magnitudo di 6.2 gradi Richter e le città colpite sono state letteralmente rase al suolo. Nella disperazione e il terrore che trasudano dalle notizie e urla di dolore fuggono dai video che circolano sul web, c’è qualcosa che ronza nella testa di chi non vuole proprio capacitarsi: perché? Molti se la prendono con la natura, con Dio e i fenomeni naturali. Ma oggi, se ci pensiamo, si fa fatica a non trovare una risposta palesemente concreta in un mondo in cui tutto viene dato per scontato. La colpa è solo nostra se cadiamo dal motorino e ci rompiamo la testa perché non indossavamo il casco. TPI prosegue nell’articolo citando l’intervento del presidente Tortorici: “Le cose sono cambiate, ma molto deve essere ancora fatto. Il problema principale riguarda soprattutto gli edifici costruiti prima degli anni Settanta, quando non esistevano norme specifiche e vennero costruiti moltissimi edifici in cemento”. E se le barriere architettoniche su cui vivono intere economie basate sul turismo non ‘possono’ essere abbattute, bisogna star lì con le braccia conserte ad aspettare che la terra tremi. Perché la terra trema e soprattutto nelle zone ‘ad alto rischio sismico’. L’Europa intera si sta mobilitando per sostenere le vittime, fino ai semplici volontari partiti in soccorso di vigili del fuoco, protezione civile e sanitari. Tutti ci sentiamo toccati, tutti dobbiamo sentirci utili. Gli aiuti ci sono e ci saranno, nessuno dovrà essere abbandonato in una simile tragedia. È nostro dovere aiutare le vittime del sisma. Molti, moltissimi fondi devono essere devoluti in aiuto delle persone coinvolte. E così sarà fatto. Ma una piccola, piccolissima osservazione deve essere concessa. Considerando che solo il 14% degli edifici nelle aree ad alto rischio sismico in Italia rispetta gli standard di sicurezza antisismica, e considerando che siamo nel 2016, si riuscirà prima o poi a investire denaro prima che arrivino ‘le forze oscure della natura’ a distruggere tutto? Se il denaro si può trovare dopo la sciagura, perché non si può trovare prima? Certo, nessun investimento potrà riacquistare le vite perdute. Ma ‘qualche’ investimento potrebbe risparmiarne altre.

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