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Arriva l’#estate – esplode l’#abbandono. Ma abbandonare gli #animali è un #reato

È difficile credere possibile che un fedele amico possa essere abbandonato. Che un animale domestico, il quale considera il suo umano unica ragione di vita, possa essere improvvisamente lasciato per strada lontano da casa e abbandonato a se stesso. Eppure, ogni anno – specialmente con l’arrivo dell’estate e delle vacanze – sono migliaia i cani, gatti, perfino animali esotici che subiscono l’abbandono dai loro umani. ‘Umani’ per modo di dire.
È considerato ‘abbandono degli animali’ qualunque intenzionale allontanamento di un animale domestico o d’affezione di cui si è responsabile. Di solito la creatura indifesa viene lasciata in luoghi solitari e lontani da casa, nella terribile ma concreta speranza che non possa tornare. Conseguenza dell’abbandono è il randagismo, conversione dell’animale alla vita selvatica. Il fenomeno ha delle conseguenze devastanti per l’animale stesso – perché se cresciuto o abituato alla vita in cattività accanto a un essere umano può provare dolore per il distacco, oltre al fatto che non conoscendo la strada è in serio pericolo di vita – e per l’intera comunità, potendo l’animale contrarre malattie e trasmetterle a sua volta agli esseri umani.
Durante i mesi estivi il fenomeno dell’abbandono degli animali domestici raggiunge il picco. Secondo i dati forniti dalla Lav (Lega anti vivisezione), ogni anno in Italia vengono abbandonati alle strade in media 80.000 gatti e 50.000 cani, il 20-30% dei quali in prossimità della partenza per le vacanze. Canili, associazioni e volontari sono diventati braccio destro degli animalisti, ma per quanto possano impegnarsi per la tutela e salvaguardia dei nostri ‘amici pelosi’ – da alcuni anni si è altamente ridotto il randagismo – le spese per sostenerli, cibarli e assisterli anche a livello sanitario sono altissime ed andranno a gravare le finanze pubbliche. E se da un lato esistono moltissimi umani degni di questo nome, che convivono con i propri animali domestici scoprendo la gioia e il grande influsso positivo che apportano all’uomo, dall’altro esistono moltissimi individui che “prendono un cane, un gatto o qualsiasi altro animale” e credono di potersene disfare in qualsiasi momento, perché tanto “sono animali”. Mentre sorge il dubbio lecito su chi sia davvero l’’animale’ e chi l’’umano’, è oggettivamente considerabile che gli “animali” sono esseri viventi e come parte integrante della natura vanno obbligatoriamente rispettati. Per umana ragione e per legge.
L’abbandono degli animali è un reato. La legge prevede la reclusione fino a un anno e multe fino a 10mila euro, pena prevista anche per chi alloggia animali in condizioni incompatibili con la loro natura e in grado di generare gravi sofferenze. Perché è stato dimostrato che l’animale risponde al sentimento del dolore.
In Italia l'abbandono è vietato ai sensi dell'art. 727 del codice penale, che al primo comma recita: "Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro". La ratio legis per questa norma è stata rinvenuta da parte della dottrina nella tutela della humana pietas – cioè del sentimento umano – offesa dal maltrattamento o abbandono degli animali, nonché dal Consiglio di Stato[7] nella diretta tutela, “adeguata all'evoluzione dei costumi e delle istanze sociali”, degli animali “da forme di maltrattamento, abbandono ed uccisioni gratuite in quanto esseri viventi capaci di reagire agli stimoli del dolore”. La Dichiarazione universale dei diritti dell'animale sancisce all'art. 6che “L'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante”.
Non solo. Secondo il Ministero della Salute italiano, “chi abbandona un cane non solo commette un illecito penale (Legge 20 luglio 2004, n. 189), ma potrebbe rendersi responsabile di omicidio colposo”, nel caso in cui l’animale abbandonato provocasse incidenti stradali mortali. Lo stesso ministero, a proposito delle ragioni dell'abbandono, esorta ad una più accorta gestione della fertilità dei propri animali d'affezione, cioè ad “operare un'attenta gestione della vita riproduttiva del proprio animale, per non incrementare il numero degli abbandoni determinati da cucciolate indesiderate e di difficile collocazione”.

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