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L’uomo violento è un incantatore di donne

Un incantatore di serpenti. Una biscia intorno alla preda. Un pozzo di dolore e rabbia repressa che viene riversata su chi è più vicino, più comprensivo, più ‘debole’. Comprensione che diventa debolezza. La chiave del tacito pugno, schiaffo, ennesimo insulto.
Tutto comincia da un tono piuttosto alto, utilizzato sempre più spesso. Poi subentrano i ‘divieti’ nel fare questo o quello, divieti che si allargano fino al non possedere una propria vita. L’incantatore di donne, come quello di serpenti. comincia il suo gioco sempre con una dolce melodia. Dove inizia la violenza? Quando si può definire tale? Soprattutto: si può pronunciare questa parola?
Violenza è un insulto, uno schiaffo, uno spintone, un abuso, un omicidio. Violenza è un telefono che squilla e guai se non rispondi. Violenza è servire la pietanza preparata con amore e vederla rimanere sul tavolo perché non è quello che lui sperava. Violenza è ascoltare urla senza poter rispondere a tono. Violenza è versare lacrime perché è l’unico canale di sfogo. Violenza è sapere che non è mai abbastanza. Violenza è stabilire cosa debba o non debba fare un’altra persona. Violenza è essere toccate, baciate, possedute, senza consenso. Violenza è decidere come l’altra persona deve vivere. Violenza è decidere se l’altra persona deve vivere.
La violenza ha un solo nome ma molte facce. Ha molti passi sul suo sentiero. Gli esperti la definiscono ‘spirale della violenza’. Prima impronta è l’intimidazione, seguono l’isolamento, la s-valorizzazione, la segregazione, poi cominciano le prime aggressioni fisiche (spintoni, schiaffi, calci, pugni) e sessuali, ci sono sempre richieste di perdono eclatanti come fiori, biglietti di scuse e di ‘amore’, regali, pianti, richieste di dare una svolta al proprio rapporto (anelli di fidanzamento, convivenza, matrimonio, figli). Tutto ciò costituisce il passo delle false riappacificazioni, fino ad arrivare – quando ormai si ha un legame solido, indistruttibile, un filo rosso che legherà per sempre: i bambini – al ricatto dei figli.
Da una ricerca del dipartimento pari opportunità e dell’Istat relativa al quinquennio 2009/2014 è emerso che in Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subìto violenza fisica o sessuale almeno una volta nel corso della vita. Si parla di circa 6 milioni e 788mila persone, in pratica una donna su tre. Di denunce ce ne sono davvero poche: dal 6,7% all’11,8%. Da quando sono stati istituiti sportelli antiviolenza, e sono moltiplicate le campagne contro il femminicidio e la violenza sulle donne le denunce sono aumentate. Il problema resta e gli esperti lo riconducono ad un gap culturale. Dalle indagini effettuate negli ultimi anni emerge che le donne medio – colte subiscono di più, in quanto culturalmente credono che in fondo sia l’uomo a dover avere la meglio su di loro. Una cultura del maschio forte e virile che viene associata – o giustificata – nelle vesti dell’uomo violento. Fino a quando non si muoveranno passi nella cultura italiana ad ogni livello sociale e culturale l’incantatore di serpenti continuerà il suo gioco. La violenza ha molte sfaccettature e fa molto rumore, ma fino a quando trova il silenzio di chi la subisce i reali numeri resteranno nascosti e con questi i responsabili.

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